mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale!

Beh questo breve post dal contenuto ovvio lo inserisco perché voglio bene a tutti i miei polli lettori! Per cui auguri sinceri di BUON NATALE! :D grazie a tutti voi e... al prossimo post, se vi andrà!

martedì 24 dicembre 2013

SMC - Eternal Sunshine of the Spotless Mind

Senza voler togliere visibilità alla precedente Lezione 33 (per cui se non l'avete letta, FATELO), oggi nonché alla vigilia di Natale vi regalo una Scena Migliore del Cinema.
Oggi abbiamo un film che ho (ri)visto di recente: Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Mi rifiuto categoricamente di chiamarlo in italiano, Se mi lasci ti cancello, perché lo fa passare per qualcosa che non è, cioè una commedia spensierata. Perfino il trailer originale commette questo gravissimo errore.
Ebbene, se non l'avete guardato credendo ad un film che cavalcasse l'onda del successo di Se mi lasci ti sposo, lasciatevi dire che avete commesso l'errore più grande della vostra esistenza. Perché in realtà si tratta di un film psicologico di rara bellezza. Di primo acchito è molto confuso, ma vi posso assicurare che la sceneggiatura è magistrale, e alla fine tutto torna. Per cui... guardatelo! E inchinatevi!



giovedì 19 dicembre 2013

Lezione 33 - La lunghezza di un romanzo

Sono proprio in queste settimane immersa nella scrittura del mio secondo romanzo, e mi è sorto un dubbio che sicuramente avrà attanagliato molti altri di voi. Quanto deve essere lunga una storia per poter essere chiamata romanzo?
Bene, premettendo che è impossibile dare una risposta precisa, mi sono permessa di cercare informazioni in rete e di chiedere a qualche amico con la mia stessa passione per la scrittura. Questo, a grandi linee, il risultato: 100 cartelle. Questa è la lunghezza minima per parlare di romanzo (breve), mentre un romanzo di lunghezza media dovrebbe stare tra le 150 e le 250 cartelle. Oltre si parla di mattone.
Ma cos'è una cartella editoriale? In verità ne ho già parlato altrove, tempo fa, nella lontanissima Lezione 4 - Impaginazione. Ma ricordarvelo non può farvi che bene, giusto? Dunque, la cartella editoriale è l'unità di misura dei libri. Esattamente. Come fate a capire se avete scritto tanto o poco? Dire "ho scritto 20 pagine" non rende l'idea, perché scritte in carattere 72 equivalgono a due frasi, mentre scritte in carattere 4 potrebbero benissimo essere un libro. Questo perché il numero di pagine dipende dall'impaginazione. Le cartelle invece non soffrono di questo problema, perché si basano sul numero fisso di caratteri scritti (spazi inclusi). Per cui possiamo dire che una cartella editoriale equivale a 1800 caratteri (alcuni dicono 2000, ma io preferisco il primo valore).


1 Cartella = 1800 Caratteri (spazi inclusi)


Quindi, in definitiva, per capire di quante cartelle consta il vostro lavoro, aprite il vostro editor di testo, andate al conteggio dei caratteri e dividete quel numero per 1800. Il risultato è appunto il numero delle vostre cartelle. Questa unità di misura è stata adottata perché solitamente, e sottolineo solitamente, l'impaginazione di un libro pubblicato corrisponde a 30 righe per pagina, con 60 caratteri per riga. Quindi 1800 caratteri per pagina. E questa è proprio una cartella. Quindi il numero di cartelle che troverete dovrebbe corrispondere al numero di pagine (ripeto, in linea di massima) se il vostro libro fosse pubblicato. Ma come ho detto, noi ora usiamo le cartelle solo per confrontare la lunghezza degli elaborati.
Per cui, fermo restando che esistono racconti lunghi e romanzi brevi, e che i racconti si distinguono anche sulla base dell'intreccio oltre che della lunghezza, ora sappiamo che un romanzo medio va dalle 150 alle 250 cartelle. Se rientrate in questi termini, siete in una botte di ferro.
Avere meno cartelle non vi impedisce di definire il vostro lavoro un romanzo, come averne di più non dovrebbe pregiudicarvi la pubblicazione. Purtroppo però è risaputo che solitamente gli editori preferiscono questa lunghezza. E non solo, ma anche i premi letterari spesso pongono di questi limiti, per cui il mio consiglio è cercare di rimanerci, se la storia lo permette.


martedì 10 dicembre 2013

SMC - Braveheart: a gift of a thistle

Apro finalmente questa rubrica, le Scene Migliori del Cinema, in questo giorno nefasto per tirarmi un poco su di morale. Spero che l'idea vi piaccia... in ogni caso sto elaborando un paio di Riflettendo, e spero a breve di trovare idee per una Lezione. Per cui, se vi interessano gli articoli vecchio stile, just stay tuned!


Oggi vi presento una scena di Braveheart, che ADORO. Un film commovente e pieno di significati, pullula di belle scene, ma questa credo sia una delle migliori. Vediamo il piccolo William Wallace, che da adulto sarà il protagonista del resto della storia, che piange al funerale del padre. Quando, all'improvviso, una bimba gli regala un fiore. Quella bimba è Murron, la sua futura moglie. il fiore apparirà in varie scene del  film, spesso in modo anche un po' celato... un modo fantastico e semplicissimo per rimandare a mille significati, il ricordo di Murron e l'amore in primis.
Vorrei focalizzare la vostra attenzione sulla grande capacità degli attori (sono bambini eppure hanno molta più espressività degli attori di telefilm) che riescono a fare una delle cose più difficili: commuovere il pubblico senza pronunciare una sola parola. Tutte le vostre sensazioni sono suscitate solo dal loro sguardo immobile e dalla colonna sonora, a dir poco fenomenale.
Ditemi se non è commovente!



lunedì 9 dicembre 2013

Riflettendo - Le saghe fantasy (e non)

Ultimamente sono arrabbiata con gli scrittori di saghe (si salva solo la Rowling, ma in questo caso ammetto di essere di parte). Non per il fatto in sé, ma perché nel Fantasy è diventata niente meno che una moda.
Perché scrivere tanto quando non ce n'è bisogno? O, ancora peggio, perché ingrandire il font di stampa solo per farci saltare fuori più libri? Soldi, ecco perché. E questo è il principale motivo per cui sto iniziando a detestare le saghe fantasy, ovvero praticamente tutti i fantasy, dato che questo genere sembra non poter partorire libri singoli e fantasticamente concludenti.
In particolare, sto odiando le trilogie. Perché, perché sempre le trilogie? Perché l'ha fatto Tolkien? O perché 3 è il numero minimo di libri per parlare di saga, oltre il quale ingrandendo l'impaginazione di un libro non si può andare?
Lo ammetto, anche a me piace il numero 3. Ma ora lo odio così tanto, dato che è stato strumentalizzato e stuprato in tutti i modi possibili, che se proponessi il mio libro alla Mondadori, e questa lo accettasse con la riserva di dividerlo in tre parti, giuro che mi verrebbe la scabbia cronica.
Mamma mia, scrittori ed editori fantasy, ma che problemi avete?

lunedì 21 ottobre 2013

Aggiornamento - Nuove idee!

Salve a tutti amici! 
Allora, come forse avrete capito il periodo impegnativo non è concluso, anzi, sta a malapena cominciando. Per cui mi spiace, mi spiace tantissimo di non essere presente come prima. Ma non disperate perché sono sempre qui, e non ho intenzione di chiudere il blog! C'è ancora tanto da dire anche se le idee cominciano a scarseggiare. Per ora ho in lista d'attesa ancora 2 Riflettendo e una Lezione. E sono pochi.
Per cui, per prima cosa gradirei, se qualcuno di voi avesse domande, che me le porgesse in un commento qui sotto! Così potrò raccogliere le idee e vedere se posso scrivere ancora qualcosa di nuovo. Non ci sono limiti, potete chiedere di TUTTO, dal mio colore preferito al come si fa un'analisi logica. 


Poi, dal momento che le idee e il tempo (perché raramente si tratta di articoletti da scrivere in 10 minuti) relativi alle Lezioni scarseggiano, ho pensato a due nuove rubriche da attivare, e da mantenere in caso avranno successo. 
La prima è quella che vorrei attuare con più frequenza è quella delle "Scene più belle del cinema", che probabilmente abbrevierò in SPBC (fantasia is the way). Per chi non lo sapesse, era una rubrica confinata alla pagina facebook, ma che potrebbe benissimo adattarsi al blog, anche perché gli articoli così scritti sarebbero veramente brevi (non sono recensioni di un film intero ma di una singola scena), e quindi anche molto più frequenti. Ovvio, non si parlerà di scrittura, ma il cinema è comunque un'arte. La settima per essere precisi. E Arte parla di ARTE. Giusto?
Poi, pensavo di iniziare una lunga sfilza di articoli, alternati alle solite lezioni e riflettendo ovviamente, che parla uno a uno dei generi della letteratura. E' una cosa che è già stata fatta, ma ho pensato non fosse un male per questo blog, perché non ho effettivamente mai parlato dei Generi Letterari. 


Insomma, fatemi sapere! Se avete domande, idee nuove, perplessità, opinioni etc etc... scrivete pure! 
Arte is watching you.

lunedì 30 settembre 2013

Riflettendo - L'editoria gratuita

Eccoci di nuovo qui con il secondo Riflettendo a proposito dei sistemi di pubblicazione di un libro.
Abbiamo già parlato di editoria a pagamento QUI, e l'abbiamo smontata e sconsigliata in ogni sua forma.
Dal momento che una buona percentuale delle case editrici vengono in questo modo tagliate fuori, non ci resta che parlare delle rimanenti, quelle cioè che non chiedono contributi all'autore, né l'acquisto di un numero minimo di copie. Spesso si tratta di case editrici medio/grandi. E qui arriva la fregatura: più sono grandi, più le possibilità di farsi notare ai loro occhi si riducono.
Ma procediamo per gradi. La domanda è: "cosa devo fare se voglio pubblicare gratis?".
Innanzitutto, bisogna sapere QUALI case editrici contattare. Non tutte potrebbero essere interessate al genere del tuo romanzo, alcune poi pubblicano solo saggistica, altre si rifiutano categoricamente di prendere in visione poesie... per cui, la prima cosa da fare è informarvi, e internet in questo può tornarvi più che mai utile. Cercate quali sono le case editrici che potrebbero essere interessate a pubblicare il vostro lavoro e per ognuna LEGGETE ATTENTAMENTE LE MODALITA' DI INVIO MANOSCRITTI. Per esempio, alcune case chiedono in visione solo la sinossi (una sorta di riassunto, comprensivo di finale, in cui spiegate lo svolgersi della trama del vostro libro), altri vogliono la sinossi e qualche capitolo, altri ancora vogliono tutto il manoscritto... insomma, se non è richiesto, non inviate mai più del necessario!
Attenzione, piccolo accorgimento: anche se dovessero chiedervi separatamente le vostre generalità e i recapiti, non abbiate paura di inserirli ovunque riteniate necessario. Di solito la prima pagina del manoscritto è dedicata a questo.
Quando avrete completato questi passaggi, finalmente, inviate. Molte case editrici vogliono tutto per email (nel qual caso, fate attenzione ad inviare nel formato richiesto), altre si servono ancora del cartaceo. In questo secondo caso, vi consiglio di andare in posta e usare il "piego libri", che sembra tagliato apposta per noi aspiranti scrittori e che è tanto economico quanto, purtroppo, sconosciuto.
Attenzione! Nessuno vi impedisce di inviare contemporaneamente a più editori, anzi, vi risparmierete un sacco di tempo nell'attesa che vi rispondano. Nel caso (remotissimo in realtà), che vi rispondano molte case editrici interessate, è sempre vostro diritto declinare le offerte che non vi interessano.
Una volta spedito il tutto, è il momento di aspettare. Aspettare. Aspettare. Aspettare.
Il tempo medio con cui le case editrici prendono in lettura un libro è di 6 mesi. E il più delle volte se non sono interessate non si sprecano nemmeno a rispondere. Per cui preparatevi a mesi di snervante attesa, probabilmente insolvente.
A forza di provarci, però, qualcuno prima o poi vi risponderà (per la legge dei grandi numeri se non altro). A quel punto starà a voi destreggiarvi col contratto che vi offriranno... mi raccomando, LEGGETE anche i numeri di pagina, chiedete se non siete sicuri e controllate che non chiedano contributi di nessun genere! Sì, anche l'acquisto da parte dell'autore di un numero minimo di copie è chiedere contributi.
Infine, qualche suggerimento di natura tecnica: quando inviate il manoscritto non siate né troppo elaborati né troppo trascurati. Cercate quindi di controllare tutto e di essere sicuri di ridurre gli errori al minimo. Allo stesso tempo, non esagerate con fronzoli o font indecifrabili, state sul semplice in modo che chi legge possa riuscirci senza dover fare la cataratta. In caso di invio cartaceo, poi, molti consigliano di lasciare un minimo di interlinea in modo da rendere il tutto ancora più ordinato e leggibile e allo stesso tempo permettere all'editor che vi avrà in lettura qualche nota.
Raccomandazioni finali: non aspettatevi di riavere indietro il vostro manoscritto in formato cartaceo. Mai.
E soprattutto non state troppo a preoccuparvi dei diritti d'autore e di un eventuale plagio: a nessuna casa editrice conviene rubarvi un manoscritto col rischio di incorrere in denunce e procedimenti legali interminabili, quando può pubblicarvi e prendere il 90% sulle vostre quote di vendita in maniera del tutto legale.

lunedì 23 settembre 2013

Di nuovo Università...

Salve a tutti amici!
Mi pento e mi dolgo per non aver pubblicato un articolo per oltre un mese... UN MESE, vi rendete conto? Beh, le motivazioni sono semplici: a inizio settembre sono stata in vacanza, poi il 16 è iniziato il nuovo anno accademico, e a una settimana dall'inizio delle lezioni devo dire che prevedo un semestre durissimo.
Ritaglierò comunque il tempo per il blog, non temete!
Ovviamente all'assenza fisica non è corrisposta all'assenza mentale. Mentre ero via ho fatto una lista di nuovi articoli che voglio scrivere. Qualche lezione, qualche riflettendo... vedrò con che ordine procedere.
Per ora sono qui solo per dire che il prossimo articolo arriverà in settimana! E probabilmente sarà un Riflettendo! A presto!

giovedì 22 agosto 2013

Riflettendo - I 5 sensi e le Arti

Parliamo innanzitutto dei 5 sensi. Nella nostra vita quotidiana sono tutti molto importanti. Ma non nelle arti: quando giudichiamo un'opera, ogni arte ha un suo senso prestabilito. La scultura, ad esempio, prevede solo la vista, talvolta il tatto. La musica l'udito. La cucina (che può essere considerata un'arte ad alti livelli), il gusto. E la scrittura? Che sensi usa la scrittura?
Verrebbe da dire la vista, per leggere, ma non è vero, questa risposta è adatta alle persone concrete che non sanno andare oltre le apparenze. No, la scrittura usa TUTTI i 5 sensi, e allo stesso tempo non ne usa nessuno.
Li usa tutti perché con la scrittura si può descrivere qualsiasi cosa, e farla VIVERE a chi lege come fosse vera. Si può fargli immaginare la natura di una superficie, ruvida o liscia, calda o fredda (tatto), si può descrivere un paesaggio (vista), gli odori di quello stesso paesaggio (olfatto), si può far parlare una persona e descriverne il tono di voce (udito), si può descrivere il sapore di un limone (gusto).
Insomma, la scrittura può descriverti tuto ciò che vuole. Ma, allo stesso tempo, non si tratta mai di cose concrete. Il lettore può vivere quelle descrizioni, ma in un mondo immaginario, in realtà nessuno dei suoi sensi sta lavorando davvero. No, nemmeno la vista, perché è vero che perlomeno si legge, ma le scritte in sé per sé non sono fatte per essere ammirate, sono come le fondamenta di una casa, e inoltre anche quando si legge, la vista vede altro (il paesaggio, appunto, o i protagonisti che compiono le loro avventure).
Per cui si, posso affermare in tutta sincerità che secondo me la scrittura è l'arte più versatile, perché ci si può fare davvero di tutto (forse solo la pittura le si avvicina), ma allo stesso tempo la più impalpabile e meno immediata.
Forse è per questo che molta gente non legge: ci vuole molto più impegno rispetto ad ammirare un quadro.
E forse è per questo che raramente noi scrittori veniamo lodati: non è semplice ammettere che qualcuno scrive bene, mentre è facilissimo capire se una persona disegna bene. E, allo stesso tempo, tutti "sanno" scrivere, e intendo lo scrivere di livello più tecnico, quello che si impara alle elementari, per cui la scrittura sembra un'arte alla portata di tutti, quando invece è una delle più complesse e bisognose di costante allenamento, oltre ad essere l'arte che prevede i progetti e le opere in assoluto più lunghe da creare (i romanzi, appunto, possono richiedere anni).
E, forse, è proprio per la versatilità di cui sopra che la scrittura, una volta che con difficoltà si è imparato ad apprezzarla, sia nelle vesti di lettore che di autore, è una delle Arti in assoluto più interessanti ed evocative da coltivare.

lunedì 12 agosto 2013

Lezione 32 - Il dosaggio degli eventi

Salve a tutti!
In questi giorni sono tremendamente inconcludente. Non riesco a scrivere (né narrativa, né articoli), non riesco a finire di leggere i libri che dovrei finire di leggere... mi sento inutile e senza scopo.
Comunque, oggi cercherò di porre un freno a questo sfacelo con una nuova lezione veloce veloce.
Parliamo del dosaggio degli eventi importanti quando si scrive un romanzo.
Vi è mai capitato di leggere un capitolo (vostro e non) e di pensare che tutto scorra troppo velocemente? Che per questo motivo non è realistico? Beh, questo spiacevole effetto è dato da due errori:


  1. Non ci sono abbastanza particolari (descrittivi, narrativi o riflessivi poco importa, semplicemente non ci sono eventi di intermezzo, che spezzano la trama e "tranquillizzano" il lettore, gli permettono di respirare. Questi li chiamo "eventi cuscinetto")
  2. Allo stesso tempo ci sono TROPPI eventi importanti ai fini della trama. 

Vi faccio un esempio banale. Nel primo capitolo de "I Promessi Sposi", di evento importante ce n'è UNO e UNO SOLO, ovvero il dialogo di Don Abbondio con i Bravi, che gli intimano di non celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia. Tutti gli altri sono eventi "cuscinetto", quelli insomma che allungano il "brodo" e fanno diventare un solo evento importante lungo quanto un capitolo. Ad esempio la descrizione del paesaggio, del carattere di Don Abbondio, di chi sono i Bravi, della situazione storica, etc etc...
Ecco, uno dei più grandi errori degli esordienti è tralasciare gli eventi cuscinetto (o meglio, sequenze cuscinetto) e inserire in uno stesso capitolo troppi eventi importanti. Immaginatevi ad esempio, come sarebbe stato più breve e dall'aria più frenetica il primo capitolo de "I Promessi Sposi", se invece di raccontare solo l'incontro di Don Abbondio con i Bravi, narrasse anche di Don Abbondio che si barrica in casa, di Renzo che parla con Perpetua, del matrimonio a sorpresa e di Fra' Cristoforo. Insomma, ci salterebbe fuori un gran pasticcio, e soprattutto "I Promessi Sposi" sarebbe un libretto da 4 soldi e un paio di centinaia di pagine, illeggibile perché troppo pregno e frenetico.
Per cui, se avete questo problema, in linea di massima provate a narrare UN SOLO evento importante ad ogni capitolo, e il resto riempitelo con eventi cuscinetto e di sottofondo. Vedrete che il tutto migliorerà a vista d'occhio! Parola di Arte! 

lunedì 22 luglio 2013

Video - Recensione "I Cacciatori del Tempo

Finalmente un nuovo video, gente! Recensione di un Fantasy di dubbia natura scritto da Vanna de Angelis e pubblicato, pensate un po', dalla Piemme. Mi scuso fin d'ora per la mia bruttura ma non mi ero presa la briga di abbellirmi. Concentratevi sui contenuti! xD



sabato 20 luglio 2013

Riflettendo - L'editoria a pagamento

Salve belli!
Oggi iniziamo con una carrellata di considerazioni a proposito dei sistemi editoriali di cui noi sfortunatissimi esordienti ci possiamo avvalere. Si parte da quella che odio di più: l'editoria a pagamento.
Innanzitutto, sfatiamo qualche lecito dubbio: quando si parla di editoria a pagamento non si parla del pubblicare da soli, andando in copisteria e facendosi stampare qualche centinaio di copie... no, si parla di vere e proprie case editrici, che prendono in visione i nostri lavori, li giudicano, e in caso di esito positivo (e quasi sempre c'è un esito positivo, dato che sono gli autori a pagare) vengono sottoposti ad un "buon" editing, pubblicati e anche distribuiti.
Sì, ok, questo è quello che promettono loro. La realtà è qualcosa di ben differente.
Innanzitutto, partiamo dal ragionamento più ovvio: perché pagare? Per avere un servizio, dicono alcuni. SBAGLIATO! Non sono LORO che danno un servizio a NOI, è l'esatto opposto! Siamo noi scrittori a fare il lavoro sporco, noi scrittori a impegnarci, a volte per anni, solo per sfornare qualcosa di decente. Perciò siamo noi che abbiamo lavorato, e noi che diamo da vivere alle case editrici! Una casa editrice seria non chiede soldi per fare il lavoro che compete a lei. Lo scrittore fa lo scrittore, l'editore fa l'editore. Troppo facile dire che lo scrittore fa lo scrittore, poi paga e fa anche l'editore... Quindi fate attenzione, scrittori in erba, diffidate tantissimo dalle case editrici a pagamento, perché vi chiedono soldi per fare qualcosa che non vi compete! E soprattutto perché tutto quello che fanno ve lo disegneranno come un favore, mentre in realtà il favore lo fate voi a loro, perché concedete la vostra opera, i vostri diritti, i vostri soldi, e infine buona parte delle percentuali sulle eventuali vendite! Sempre se di vendite ce ne saranno, perché una casa che riceve soldi dall'autore non è per niente incentivata a vendere, tanto i soldi li prende direttamente dalle vostre saccocce! Invece una casa editrice che non richiede nessun contributo si deve impegnare per non fallire, fare davvero del buon editing e della buona distribuzione!
In pratica quello del confondere ciò che compete l'editore e ciò che compete lo scrittore è come confondere chi "offre lavoro" da chi lo "acquista". Non è l'azienda a offrire lavoro al lavoratore, è il contrario! Il lavoratore offre il suo lavoro all'azienda, e l'azienda lo acquista. Lo stesso per gli editori: non sono loro che offrono lavoro, siamo NOI, e come tale LORO devono acquistarlo. Chiaro?
Quindi, abbiamo visto come questo sistema non solo sia profondamente ingiusto ma anche controproducente, come dicevo una casa editrice i cui introiti provengono direttamente dai propri autori non è per nulla incentivata a fare un buon lavoro. Ma ora vorrei farvi aprire gli occhi anche a proposito degli imbrogli che le case editrici a pagamento intessono.
Le suddette, infatti, SANNO di essere delle ladre, e come è ovvio tentano in tutti i modi di nasconderlo. Nei propri siti non sono quasi mai chiari a proposito del loro lavoro, fanno solo promesse e non si soffermano sui tipi di contratto che vorranno davvero offrire, imbrigliando quelli che capitano nella loro rete. A me questo è capitato di recente con la casa editrice Kimerik. Un sito per la maggior parte incomprensibile, e se andate a vedere la loro presentazione non troverete mai, nemmeno per sbaglio, le parole "contributi", "pagamento", "copie dell'autore"... e invece, cari, questa casa editrice è proprio a pagamento. Non solo: se per caso chiedete informazioni via email con il modulo da loro disposto, non riceverete nessuna informazione aggiuntiva in merito. E sono pronta a scommettere che anche via telefonica ci saranno operatori molto in gamba a rigirare la frittata.
Infine, poi, ci sono quelle case editrici a pagamento che ammettono di essere a pagamento, ma lo dicono con un tono talmente vittimista da farti quasi credere nella loro onestà. Frasi tipo: "Richiediamo un piccolissimo contributo all'autore per permetterci di svolgere al meglio il nostro lavoro" o, ancora peggio "All'autore, in cambio del nostro fantasmagorico servizio, chiediamo solamente l'acquisto di un ristrettissimo numero di copie".
Insomma, questo dovrebbe farvi capire quanto siano false certe case editrici. Voler nascondere o voler passare per "falsi buoni" è il tipico atteggiamento di chi sa bene di stare facendo qualcosa di moralmente aberrante. Tanto più che, ovviamente, le maggiori case editrici sono appunto senza contributi. Sarà solo un caso?
Per cui, autori, DIFFIDATE! Anche se siete disperati non lasciatevi mai, mai, MAI irretire da questi, non posso definirli in altro modo, strozzini.

mercoledì 17 luglio 2013

Lezione 31 - Il blocco dello scrittore

Salve marmaglia!
Finalmente dopo tanto tempo di assenza torno a farmi vedere. Perché sono mancata tanto, dite? Beh, la sessione estiva di esami ha la gran parte della colpa. Inoltre, purtroppo, in questo periodo non brillo né in salute fisica né in idee per nuovi articoli... tutto questo mescolato assieme, con l'aggiunta di un pizzico di sale e pepe a piacere, vi dà il quadro generale della mia situazione.
Ora però arrivano le buone notizie: domani darò finalmente l'ultimo esame dell'anno e in più, che ci crediate o no, ho anche intenzione di riprendere a filmare video, accantonando la mia mania per la perfezione (ho fatto qualche ripresa il mese passato ma non mi piacevo e ho cestinato tutto... errore imperdonabile!). Per cui... state in campana che dalla prossima settimana ho intenzione di SOMMERGERVI di roba!


Ora però iniziamo la lezione di oggi. Come ho detto, ultimamente ho pochissime idee, per cui l'argomento mi è stato misericordiosamente suggerito da un web-amico.
Parliamo di blocco dello scrittore, infatti, infima e alquanto spiacevole situazione in qui tutti alla fine veniamo a trovarci, prima o poi (anche se si spera nel "poi"). In cosa consiste esattamente? Beh, io mi sono presa la libertà di stilarne alcune categorie:


  • Blocco Cerebrale: non ci sono più idee ma si ha voglia di scrivere (pressapoco quello che sto passando io ora col blog). Per cui si ricerca spasmodicamente qualcosa da fare... e non la si trova.
  • Blocco Tecnico: ci sono le idee ma non c'è la voglia di scrivere. Per cui si pensa, si annota, si pensa ancora, e alla fine non si conclude un fico.
  • Blocco Generale: il peggiore, non si hanno idee e anche se si avessero non si avrebbe voglia di metterle per iscritto. Generalmente i blocchi generali sono conseguenti ad un periodo di stress o anche solo di produzione intensa.  
  • Blocco Critico: ci sono sia le idee che la voglia di scrivere, ma quando si inizia ci si accorge che tutto quello che si fa è veramente orrendo.
  • Blocco della Novità: si sta scrivendo qualcosa da molto tempo e non si ha più voglia di procedere su quella storia, e l'unica cosa che si desidera è passare ad altro, un'altra avventura, un'altra trama.
  • Blocco del Capitolo: avete idee, avete voglia di scrivere, ma non avete voglia di scrivere QUEL preciso pezzo che dovete scrivere, per seguire l'ordine cronologico della trama, mentre morireste dalla voglia di saltare e passare direttamente al capitolo successivo.


Ecco, personalmente le ho testate TUTTE, dalla prima all'ultima, eppure sono ancora qui, quindi vuol dire che in qualche modo se ne esce sempre. Ora però rimane da capire come.
Beh, non voglio mentirvi, il tempo è il rimedio principale. Spesso la sensazione di blocco, qualunque essa sia, è passeggera, transitoria. Può durare giorni, settimane, MESI (sì, anche questo mi è capitato), ma posso giurarvi che alla fine la voglia di fare torna sempre. Però ci sono anche piccoli accorgimenti da adottare... 
Ad esempio, se avete un Blocco Cerebrale, semplicemente, leggete, osservate, guardate film. Smettete di sforzarvi sulla scrittura, abbandonatela per quel tanto che serve, e attendete pazientemente che arrivi un'idea; l'unica cosa che dovete fare è aiutare questa idea a sorgere leggendo quello che hanno scritto altri autori, o come dicevo vedendo film... lasciate che i vostri colleghi vi aiutino ad allenare un cervello momentaneamente paralizzato!
Se il vostro è un Blocco Tecnico, non mollate assolutamente le vostre idee! Annotatele, pensatele, modificatele nella vostra mente, create in modo astratto. Non cimentatevi nella scrittura vera e propria se non ne avete voglia: ne uscirebbe solo una sfilza di ovvietà. Però non permettete mai alle idee di essere dimenticate! Quando tornerà la voglia di scrivere potrete dedicarvi a loro.
Se avete un Blocco Generale, unite i due consigli soprastanti.
Se avete un Blocco Critico, cercate qualcuno che legga ciò che scrivete e del cui giudizio vi fidate che vi faccia capire se ciò che scrivete è davvero da buttare o se siete voi a essere troppo severi con voi stessi. Vi stupireste di sapere quante volte si tratta di questa seconda ipotesi...
Se siete alle prese con un Blocco della Novità, NON ABBANDONATE QUELLO CHE STATE FACENDO PER QUALCOS'ALTRO!!! E' di vitale importanza. Come consiglio spesso, è sempre meglio concentrarsi su un solo lavoro alla volta. Per cui, se avete altre idee, annotatele ma non cercate di prenderle in mano. Sono particolarmente severa su questo punto, perché mi sono sempre imposta di seguirlo, e invece proprio qualche mese fa ho abbandonato un progetto per un altro, credendo che l'originale fosse del tutto da buttare, e ora invece mi è tornata voglia proprio dell'originale... ora mi trovo con due libri scritti a metà. Ed è la cosa più odiosa che possa accadere.
Infine, se avete un Blocco del Capitolo, semplicemente, provate a superare lo scoglio o in alternativa fermatevi del tutto. Non è bene andare a scrivere pezzi che vi piacciono di più ma che si trovano più avanti con la trama, altrimenti poi vi ritroverete in mano con molti stralci da unire l'uno con l'altro, e riuscirci è quasi sempre impossibile, perché insomma vi saranno rimaste le parti "noiose" e di transizione alla fine, tutte in una volta.
Questi erano, in breve, i miei piccolissimi e personalissimi consigli. Ma ne ho un altro, più generale, per cercare di farvi uscire dal baratro: semplicemente aprite il vostro editor di testo e iniziate a scrivere. Sembra banale e anche impossibile da fare, quando non si ha voglia. Ma posso garantire per esperienza che, spesso, semplicemente sforzandosi per le prime righe poi si riesce a prendere il ritmo e a continuare la storia. Certo, forse il blocco vi rimarrà ancora per qualche settimana, nel senso che per qualche settimana ancora non avrete voglia di fare alcunché, ma se per caso quest'ultimo metodo vi riesce, potrete continuare la storia e non rimanere bloccati.
Arte vi saluta e come al solito spera di esservi stata d'aiuto. Infine, vi augura una buona e felice esistenza fino al prossimo articolo! Bye bye!

venerdì 7 giugno 2013

Riflettendo - il libro è sempre meglio del film?

Giorni fa ho visto una vignetta umoristica che riportava da una parte un enorme panino hamburger, ripieno di almeno 20 strati tra carne, verdura, pane e salse. Sotto c'era scritto "LIBRO". Dall'altra parte invece stava un panino smorto, con solo il pane e forse una fetta di carne. E sotto c'era scritto "FILM".
Sicuramente moltissimi di voi la pensano così. Però calma, ragazzi, andiamoci piano.
Personalmente sono una sfrenata lettrice, come anche voialtri, ma ho una particolarità: amo il cinema quanto la lettura. Per cui ogni volta che mi sento dire: "eh, ma non vale la pena di guardare il film, sicuramente è più brutto del libro", mi dico stop, ferma, ALT! Andiamoci piano, riflettiamo.
E' vero, un libro sarà sempre, sempre, sempre più completo di un film. Su questo non ci piove: un libro gode di spazio e tempo praticamente illimitati, quindi si ha modo di inserire potenzialmente molti particolari. Tant'è vero che, spesso, i lettori amano i libri lunghi. O, in ogni caso, un libro molto lungo non viene scartato a priori dal lettore. Perché può centellinarlo, può goderselo e interromperlo ogni volta che vuole.
Quindi, punto primo, ricordiamoci che un film non è così! Un film ha delle scadenze precise. Un film standard dura circa 90 minuti. I più lunghi che io abbia mai visto non superano le 3 ore, quindi i 180 minuti. Pensate che sia facile condensare un intero libro in un tempo così breve? Certo, ci sono anche le saghe... ma ricordatvi che è sempre molto rischioso imbarcarsi in una saga, perché se il primo film non ha successo ti ritrovi con mezza trama mai conclusa e un'idea buttata nel cesso.
Pertanto, non sono molti quelli che possono permettersi di pensare delle saghe. Rimaniamo quindi ancorati ai film "normali", quelli unici. In questo caso, un regista deve tenere conto del fatto che chi va al cinema deve vedere tutto il film in una volta, non può interromperlo quando è stanco, come farebbe con un libro. Di conseguenza, non solo lo spettatore deve resistere per tutta la durata del film, non solo non deve annoiarsi, ma deve anche gradire quello che vede! Altrimenti il film sarà un flop.
Per fare questo serve la capacità di sintesi (a proposito della Lezione 30). Quindi sì, anzi, PER FORZA alcune cose devono essere scartate. E un bravo regista è anche quello che sa scegliere cosa scartare. Perché ci sono cose secondarie, che possono essere tralasciate, e altre che non possono non apparire nella pellicola. Questo presuppone una grande conoscenza della storia che si sta trasponendo e, come ho detto, una gran capacità di sintesi.
Per non parlare, poi, di tutto ciò a cui poi bisogna pensare: bisogna trovare attori adatti, che sappiano interpretare bene il ruolo e che corrispondano ai requisiti fisici di base. Bisogna sceneggiare il tutto, scrivere le battute da zero, cercando di incorporarle con quelle del libro, ma allo stesso tempo rendendole più appetibili per gli spettatori (le battute devono essere più veloci di quelli dei libri, si riducono quasi all'essenziale e sono OFF LIMITS le lunghe scene di discorso che possono trovarsi in un libro).
Poi, sorvolando sulle conoscenze tecniche che bisogna acquisire, bisogna anche avere talento e attitudine al comando. Bisogna avere un sacco di fantasia perché, soprattutto con i mezzi di oggi, spesso le azioni si svolgono in studio con sfondo verde. E non tralasciamo mai anche il fatto che bisogna avere SOLDI. E' vero, pubblicare un libro è difficile, ma è una tua avventura, non si coinvolge quasi nessun altro nella scrittura di un libro. Bastano un cervello e un pc, poi un po' di fortuna per pubblicare. Per un film? Ve lo siete mai chiesti? I film costano così tanto che i registi non possono pagarli di tasca propria, nemmeno se fossero milionari (sempre con riferimento ad un film quantomeno decente). Quindi, tu, regista in erba, se non trovi uno straccio di produttore non solo non distribuisci nulla (come accadrebbe con un libro), ma non INIZI nulla!
Poi ovviamente viene la questione impegno. Certo, scrivere un libro è più lungo, ma, ripeto, quando si scrive si è soli. E quando si è soli si fa davvero per tre: nessun altro da coordinare, nessuno che ti dica che la data di uscita è prossima (tranne che per gli autori di bestseller). La realtà è che essenzialmente puoi scrivere quando e come ti pare.
Un regista? Appurato che se sta filmando qualcosa, ha sicuramente delle scadenze da rispettare... credete sia facile filmare un'ora e mezza (minimo) di scene? Montarle, tagliarle, aggiungere gli effetti speciali, la colonna sonora, e chi più ne ha più ne metta? In un mese o poco più?
Infine, per tagliare la testa al toro, vi siete mai accorti delle cose in più che un film offre rispetto a un libro? ve le elenco:


  • E' breve, per cui è un ottimo modo per passarsi il tempo senza prendere impegni a lungo termine
  • E' VISIVO. Per quanta fantasia possiamo avere, fa sempre piacere anche vedere i personaggi che amiamo di più
  • Ha una colonna sonora! Cosa che molti ignorano. Quasi nessuno si accorge della musica che ascolta in sottofondo... ma provate a guardare un film SENZA colonna sonora e vi accorgerete di quel che dico: inconsciamente, la musica aggiunge quel non so che a un film bello rendendolo eccezionale.
  • Può dare una miriade di emozioni, a volte in più rispetto ad un libro. Perché è più suggestivo e coinvolge i sensi oltre che la fantasia
  • E' meno impegnativo, e questo è un male per uno che non sa leggere nemmeno l'articolo di un quotidiano, ma per un lettore che invece vuole rivivere una storia che gli è piaciuta senza faticare troppo, non è per niente sbagliato!


Concludendo, quindi, secondo me esistono i pro e i contro per ogni cosa. Non bisogna bersagliare un film solo perché non corrisponde all'idea che ci eravamo fatti del libro. Perché un film sarà sempre meno completo di un libro, ma non per questo deve per forza essere meno bello! Quando si va al cinema bisognerebbe partire con questa impostazione mentale: il film non riporterà tutto quello che ho letto. Anzi, il regista può darsi abbia dato la priorità a scene che forse per me non erano così importanti.
Pertanto, lettori, non minimizzate subito il lavoro dei registi! Prima guardate il film, e soprattutto provate a giudicarlo oggettivamente, non secondo il vostro gusto personale, e soprattutto non aspettandovi di vedere il libro intero trasposto, altrimenti dovreste starci una settimana, nel cinema!

Chiudo con un ultimo pensiero: molti credono sia meglio leggere prima il libro e poi vedere il film. Ma secondo me, per giudicare entrambi con oggettività, è un procedimento del tutto sbagliato. Perché se si legge prima il libro, è ovvio che poi ci si troverà davanti ad un film meno completo del libro e si avrà più probabilità di rimanere delusi. Non solo: ma le scene d'azione o i colpi di scena sono MOLTO più suggestivi in un film (ripeto, se fatto bene), quindi conoscerli già dalla lettura del libro vi rovinerà l'effetto sorpresa.
Io, personalmente, preferisco fare il contrario, almeno per le storie che mi interessano di più (metodo utilizzato, ad esempio, per l'ultimo capitolo di Harry Potter): guardare il film, giudicarlo come se fosse SOLO un film. E POI leggere il libro, particolareggiando la trama. In questo modo giudicherete il film senza pregiudizi, e inoltre, se il film vi è piaciuto, il libro siete sicuri che non potrà deludervi, perché come ho detto sicuramente sarà più completo.
Metodo da amante del cinema, ovviamente, quindi potete scegliere benissimo di non adottarlo. Ma vi assicuro che se provaste a fare così gradireste molto di più i film tratti da libri!
In ogni caso comunque ricordiamoci che scrittura e cinematografia sono due forme d'arte parimenti interessanti, ma DIVERSE e paragonarle non dico che è sbagliato, ma è in ogni caso abbastanza illogico.
Sostanzialmente bisognerebbe giudicare il film a parte, distaccati dal libro; e bisognerebbe ricordarsi che un film è e rimane un'opera interpretativa del REGISTA, non dello SCRITTORE, al quale continua ad appartenere solo il libro. Per cui non bisogna giudicare un film di Tizio prendendo come metro di misura la capacità narrativa di Caio. Mi sono spiegata?


ps: dimenticavo di ricordarvi che, tra l'altro, esistono film basati su un libro, e film tratti liberamente da un altro libro. E non è la stessa cosa! I secondi in pratica sono come una fanfiction, si prendono la libertà di riscrivere la trama principale (Io, Robot o Io sono leggenda, i primi esempi che mi sono venuti in mente). Quindi, se siete di quelli che odiano le trame rimodernate o "storpiate", informatevi prima! E, ve lo chiedo col cuore, non infamate un regista che può in ogni caso aver fatto un ottimo lavoro, solo perché non avete visto ciò che vi aspettavate. Grazie!

venerdì 31 maggio 2013

Riflettendo - La Drammaticità

Non mi era mai capitato di piangere leggendo, o guardando un film. E molti di voi ormai mi conoscono abbastanza da capire il perché: non sono mai stata una persona incline alle lacrime. Certo, mi sono emozionata in molte occasioni, ma i sintomi fisici non sono mai andati oltre la stretta allo stomaco. Diciamo che, all'esterno, sono sempre rimasta piuttosto stoica. Anche guardando film come Patch Adams, o leggendo libri come Io sono leggenda, Lettera ad un bambino mai nato et similia.
Soprattutto, non mi sono mai, mai, mai commossa al cospetto di quei film o libri eccessivamente drammatici. Anzi, quelli avevano l'effetto opposto di rendermi ancor più di pietra. Ad esempio, una volta alla televisione davano un film in cui morivano consecutivamente la figlia 1, il padre, la figlia 2, la moglie di crepacuore, la nonna, e alla fine il cane. Ecco, quella volta non provai assolutamente niente di simile alla tristezza. Provai più che altro RABBIA, perché mi dicevo che un regista che dovesse inserire così tanti eventi sfortunati in un solo film doveva per forza essere incapace di una VERA scena drammatica. Era l'unica: dato che non sapeva far commuovere con la poesia, faceva crepare tutti i personaggi nel tentativo di vincere sul telespettatore con la quantità, più che la qualità.
Quindi, già allora avevo capito che le cose che mi emozionavano di più erano quelle poeticamente drammatiche, non assurde, non esagerate, ma pensate. In Io sono leggenda, ad esempio, ci sono tante scene di bambini morti e putrefatti, ma non erano mai quelle a darmi fastidio. Erano le scene, invece, meno macabre ma più significative: quando, ad esempio, la moglie del protagonista viene presa da quella malattia che dilaga durante la trama del libro, muore, il protagonista la seppellisce e il giorno dopo se la ritrova in soggiorno, che cammina storta e senza più cervello, intenzionata a divorarlo vivo.
Ecco, quella non era una scena così disgustosa: la moglie non era particolarmente brutta da vedere. Niente sangue, niente budella sparse per il pavimento... c'era però la consapevolezza che lo spirito di lei era morto, e che il suo involucro esterno voleva fare polpette di suo marito. E così il protagonista era costretto a ucciderla. Di nuovo.
In sintesi, era questo il genere di cose che mi faceva, tra virgolette, "star male". In Hachico, di nuovo ad esempio, non stavo male per Richard Geere che moriva, ma per il cane nel resto del film. Mi sono spiegata?
Ecco, nonostante questo non avevo mai davvero pianto per un libro o un film. Ammetto che "invecchiando" i miei sentimenti vanno più a briglia sciolta, ma davvero, non credo di aver mai trovato davvero una storia che avesse le carte in regola per farmi piangere. A dirla tutta, speravo che arrivasse, perché mi sentivo un po' un mostro. Ma ero anche abbastanza sicura che non esistesse tale storia. Sono sopravvissuta a tanto, non riuscivo a immaginare qualcosa di meglio riuscito, sul piano drammatico, di quello che ho già citato.
E, invece, oggi devo ricredermi. Devo ricredermi un po' su tutto: il fatto che non esistesse la storia adatta a farmi cedere, e anche il fatto che io fossi un mostro. Già perché oggi, 31 Maggio 2013, ho pianto leggendo, e precisamente leggendo il finale de Il Miglio Verde.
Ora, per quelli di voi che l'hanno letto, potete capire perché: è una storia molto drammatica. Ma comunque non mi aspettavo di commuovermi, perché già avevo visto il film, e quindi già sapevo come sarebbe andata a finire la vicenda. Eppure, siete padroni di non crederci, era scritto così bene, trasudava tanta di quella drammatica poeticità, che proprio non ce l'ho fatta. E, anche qui, non ho pianto per Del che muore atrocemente, o per Coffey condannato alla sedia elettrica ingiustamente. Ho pianto, invece, per frasi abbastanza innocenti, rispetto ad altre parti del libro (solo chi l'ha letto le capirà, anche perché non voglio fare spoilers). Frasi come: "le ha uccise col loro amore" o "ma certe volte, oddio, il Miglio Verde è  così lungo".
Ora, ovviamente questo articolo non vuole essere una recensione al libro, ma uno spunto di riflessione, perché finalmente ho capito: io ho avuto modo di giungerne a capo con questa storia, ad altri può essere capitato diversamente, ma secondo me la drammaticità non è data dal macabro, dalla sfortuna, dagli eventi tragici. E' data invece molto di più dai ricordi, dalla rassegnazione, dal tempo che passa, dall'immutabilità degli umani istinti, dalla felicità che nonostante tutto a volte continua a farsi sentire. Dalla maestria di uno scrittore che riesce a trafiggerti lo stomaco con i sentimenti dei tuoi personaggi.
E' stato pressappoco questo che ho pensato appena ho finito il libro. E, dopo aver asciugato le lacrime (erano pur sempre poche, un cuore di pietra non può sciogliersi nel giro di sole 500 pagine), mi sono sentita più che mai arrabbiata verso quelli che credono di scrivere un libro drammatico e invece mettono in ordine cronologico un'accozzaglia di eventi improbabili e oltremodo sventurati. Quelli che OSTENTANO il tragico.
A queste persone, quindi, mi sento di dire: fatevi un'analisi di coscienza. Non è l'uccidere tutto il cast che fa commuovere un pubblico con un minimo di cervello. E' quello che ci sta dietro che conta.


mercoledì 29 maggio 2013

Lezione 30 - Saper riassumere!

Salve gente! Questo è un mese particolarmente produttivo. E mi è balenata in mente l'idea di fare una lezioncina breve breve anche sulla capacità di riassumere. Già perché mi capita spesso di sentire gente che proprio non ne è capace:


IO: "Come è stato il film?"
SVENTURATO GIOVANE: "Bellissimo!"
IO: "Di che parlava?"
S.G.: "Allora, praticamente c'era una, no? Ecco, una tipa che era ricca, no? Aveva dei vestiti bellissimi tutti pieni di perle. Ecco, lei amava uno, che non ricordo come si chiama. Cioè, no, non lo amava. Lui amava lei ma lei non lo voleva. E c'è la mamma di lei che invece vuole che la figlia lo sposi. E lei era appassionata di quadri e di Picasso. Lui era ricchissimo ma a volte sembrava cattivo, no? Intanto c'era anche uno che giocava a carte contro dei tedeschi e vinceva. E c'era una nave grande, no? Ecco, e quello che giocava a carte aveva un amico italiano. Dovevano imbarcarsi su questa nave ma era tardi, stavano per tirare via i ponti ma loro riescono a imbarcarsi perché giurano di non avere i pidocchi. Poi..."

* circa due ore dopo *

S.G.: "Sì, e praticamente alla fine lei è vecchia con una vestaglia bianca, va sul ponte della nave, si affaccia al parapetto e butta in acqua il Cuore dell'Oceano. Poi va' in camera, si vedono le foto di lei giovane a cavallo, e poi muore e torna sul Titanic con Jack e si baciano dall'orologio. Dove si sono dati appuntamento la prima volta, no?"
IO, con gli occhi fuori dalle orbite: "Sì, immagino"


Vi giuro, sul mio osso del collo, che esiste davvero gente così! E non gente per forza logorroica. Gente che, non so come, non so perché non riesce a fare una cernita mentale degli avvenimenti di un film o di un libro, non riesce a distinguere cosa è importante e cosa no. Gente che, quando comincia a raccontare, abbonda in particolari del tutto inutili, che allungano il brodo, lo allungano, lo allungano... e alla fine tu, che sei stato lì ad ascoltare, ti chiedi perché mai sei stato tanto imbecille da chiedere informazioni (tanto più che Titanic l'avevi già visto).
Scrittori in erba, ricordate: saper fare un riassunto è IMPORTANTISSIMO. I novelli scrittori infatti smaniano di aggiungere particolari, tanti, e non si accorgono che a volte questo può far danno. Imparare a riassumere aiuta a capire cos'è importante e cosa marginale, aiuta ad essere più oggettivi e a non inserire senza volere commenti personali, a essere chiari nello scrivere.
Per cui, se siete tra quelle persone che non sanno riassumere, allenatevi! Non perdetevi in parole inutili. Prendete un testo, anche breve per iniziare, e fatene il riassunto seguendo il metodo delle sequenze narrative.
(per saperne di più, leggete la Lezione 27). In pratica basta leggere il testo in esame, dividerlo in sequenze (ogni volta che cambia stile o scena) e dare poi un titolo a ogni scena. Mettere insieme i titoli, collegandoli con le regole sintattiche italiane, ed è fatto! Avete (più o meno) il riassunto perfetto. Ora leggetelo, guardate quanto è corto! Misuratelo! E provate a fare lo stesso lavoro con un altro testo senza il metodo delle sequenze. Il riassunto non deve essere più lungo di quello del primo testo, altrimenti significa che state aggiungendo particolari inutili!
Ora, ad esempio, vi faccio un riassunto al volo di Titanic. Guardate quanto può (e dovrebbe essere) breve un vero riassunto!


Rose si imbarca sulla prima classe del Titanic con sua madre e il suo fidanzato, che non ama. Allo stesso tempo sale anche Jack, uno squattrinato artista di terza classe. Durante il viaggio Rose tenta il suicidio, ma Jack la salva e da quel momento hanno modo di conoscersi e innamorarsi. Tutto fino allo schianto contro l'iceberg, che fa affondare rapidamente il transatlantico. Dopo paura e continue corse contro il tempo, Rose e Jack si trovano entrambi in acqua. Il Titanic è già affondato, e a loro non resta che sperare di venire salvati da una scialuppa di ritorno. Per Rose sarà così, ma Jack morirà nell'Atlantico. Rose lo raggiungerà una volta divenuta anziana, e dopo aver tramandato la sua testimonianza ai posteri. FINE.


Fine, capito? Questo è il riassunto di un film di tre ore. Questi sono gli eventi importanti! Questo è un riassunto, d'accordo? Imparate a riassumere, e imparerete anche a scrivere e dialogare più correttamente con gli altri. Parola di Arte!

martedì 28 maggio 2013

Riflettendo - I personaggi inventati sono reali?

Che domanda stupida. NO, ovviamente, verrebbe da rispondere a una persona con poca fantasia, o semplicemente con i piedi ancorati bene al terreno, come me. Ma vedete, io credo di essere andata un po' oltre, colpa ovviamente di tutti gli studi "trascendenti" che ho compiuto in questi anni (filosofia, letteratura, filosofia del diritto di cui ho dato l'esame solo ieri). Sono un'ibrida a cui piace il realismo schietto, ma che si fa decisamente troppi viaggi mentali. E allora mi viene da pensare, ma i personaggi inventati, o anche i mondi, le usanze, i costumi, sono o non sono reali?
Fisicamente NO, e su questo non ci piove. Però è anche indubbio che ESISTONO. E se una cosa esiste, allora è reale. Mi seguite?
Ora, indubbiamente la loro esistenza è localizzata. Al cervello (o al cuore, vedetela come vi pare) dello scrittore, o al massimo dei lettori, se ci sono. Lo stesso vale per i film.
E allora mi viene da concludere che NO, non sono fisicamente reali, perché sono incastonati nel loro tempo, non ne escono, e compiono sempre gli stessi movimenti, a seconda di quello che lo scrittore/regista ha voluto fargli fare. Possiamo far accadere gli eventi inventati all'infinito, ma restano sempre lì, possiamo anche inventarne di nuovi, ma i personaggi in sé non hanno realmente vita propria.
Ma, dal momento che una cosa prende vita, sia pure astratta, esiste. Non si può discutere su questo punto. E, a loro modo, i personaggi sono reali. Tutti lo sono, perché esistono, ci sono, anche quelli fatti peggio. Però se sono ben caratterizzati, differenziati tra loro, e se lo scrittore inizia a conoscerli come le proprie tasche, vi renderete conto che iniziano a ESISTERE anche in un altro modo. Iniziano a decidere per conto proprio.
Lo so, molti pensano che quello che sto dicendo sia un'assurdità. Ma pensateci bene, in realtà è così che funziona. Noi scrittori inventiamo solo la base. Poi sono gli inventati a muoversi.
Prendiamo un esempio esagerato, Hannibal Lecter. Lui è stato inventato da uno scrittore. Ma è quello che é, esiste nel senso che, se anche lo scrittore volesse fargli amare un coniglio rosa di pelouche, non potrebbe. Hannibal si RIFUTEREBBE, perché non è nella sua natura. E se lo scrittore provasse a farglielo fare, magari in un paragrafo, sarebbe inevitabilmente portato a cancellare il tutto subito dopo. Perché non starebbe in piedi. Perché Hannibal Lecter ESISTE nella sua singolarità, ha il suo personale carattere; ci sono cose che può fare e cose che non può, non potrà mai fare; ci sono cose che deve fare e cose che è plausibile che faccia. Perché Hannibal Lecter non è reale, ma è VERO. Nel senso che, una volta creato, esiste, ed è sé stesso. Non è in carne e ossa, ma c'è, e non può essere manipolato come più ci piace.
Per questo dico che i personaggi esistono e fanno ciò che vogliono: perché tu, scrittore, hai il potere fisico di fargli fare altro, ma non il potere psichico, e sai che se una cosa quel personaggio non sarebbe mai in grado di farla, non puoi fargliela fare.
In questo senso i personaggi sono reali. Non ci sono fisicamente, ma nel loro spazio, quello dedicato alle idee, ci sono eccome! E funzionano come funzionerebbe un umano reale. Semplicemente, non hanno corpo. Per questo ci affezioniamo tanto, per questo li conosciamo, piangiamo se dobbiamo ucciderli, siamo felici per loro se accade qualcosa di positivo etc. etc.
E questa è una cosa che se non si è provata non si può comprendere appieno, secondo me.
Voi che ne pensate?


Comunque, questo era un post un po' diverso dal solito per inaugurare la nuova categoria RIFLETTENDO, così, per parlare di cose un po' più profonde. State comunque in campana che presto arriverà anche la nuova lezione! Arrivederci!

venerdì 24 maggio 2013

Lezione 29 - Flashback e Flashforward

Ehilà gente! Ultimamente sono produttiva! Chissà perché sempre a questi orari strambi, ma forse il mio orologio biologico ha solo bisogno di una regolata.
Oggi parliamo dei Flashback e dei Flashforward. Ma, ancora una volta, andiamo con ordine e trattiamone uno per volta.


Il Flashback (o analessi se vogliamo essere pignoli) è, come dice il nome stesso, un "lampo all'indietro", ovvero un pezzo di trama relativamente breve dedicato alla narrazione di ciò che è avvenuto PRIMA degli eventi del tempo della storia. Una volta terminato il Flashback, il narratore torna al tempo della storia, quello normale, e riprende da dove aveva lasciato. Va ricordato che, mentre il narratore racconta il Flashback, questo usa la stessa identica forma del resto del romanzo! Ovvero, se il romanzo è scritto al presente, anche il Flashback è al presente! Se fosse scritto al passato potrebbe essere solamente un ricordo, raccontato direttamente da un personaggio. Il Flashback non è questo. Il Flashback è uguale a ogni altra parte di libro, quindi è raccontato dal narratore, e non dai personaggi; è narrato con lo stesso tempo del resto della storia; per cui, in linea di massima, se io aprissi un libro che non ho mai letto, e per caso l'aprissi nella parte del Flashback, non dovrei capire che si tratta di avvenimenti antecedenti alla trama! Mi spiego? Andiamo con degli esempi chiarificatori:


Guidalberto iniziò a raccontare al suo piccolo pubblico: "stavo camminando per la piazza e ad un certo punto  ho notato un tipo con un cappello strano"

Guidalberto iniziò a raccontare al suo piccolo pubblico. 
* cambio di paragrafo/capitolo *
Guidalberto camminava per la piazza e ad un tratto notò un signore dal cappello strano.


Ora, come vedete, il primo esempio NON è un Flashback, ma solo un racconto diretto del povero Guidalberto. Mentre il secondo esempio, quello sì che è un Flashback, perché è sempre il narratore che lo racconta. Certo, è scritto come se fosse Guidalberto, intanto, a raccontare. Ma il narratore sorvola su Guidalberto che racconta e, nel frattempo MOSTRA al lettore quello che Guidalberto sta raccontando al pubblico. Compreso?
Proprio perché il Flashback ha la stessa struttura narrativa del resto del racconto, spesso è difficile da distinguere. Mi sta capitando proprio in questi giorni di leggere un libro, infatti, dove non si capisce dove parte un Flashback perché non c'è la divisione in paragrafi.
ERRORE IMPERDONABILE. Come ho detto, dato che un Flashback è essenzialmente identico al resto della narrazione, voi dovete far capire che si tratta di un Flashback! Certo, dopo un po' il lettore ci arriva per logica, ma noi NON VOGLIAMO far sforzare il lettore, giusto? Quindi consiglio, ogni volta che iniziate un Flashback, di cambiare paragrafo, andando a capo insomma almeno un paio di volte, per separare fisicamente le due parti di racconto. Inoltre, ed è una cosa molto usata nell'editoria, è utile scrivere il Flashback intero in corsivo. Già perché se si cambia solo paragrafo, il lettore può scambiarlo per un semplice cambio di punto di vista o un cambio di scena. Lo scrivere in corsivo equivale, per farvi capire, al'inserire una scena Flashback in bianco e nero in un film a colori. Se le scene Flashback non fossero in bianco e nero (o comunque con colori diversi, o con l'opacità diversa, i gusti cambiano da regista a regista), dicevo, se non ci fosse questa differenza, come distinguereste un Flashback da una qualsiasi altra scena? Ve lo dico io: semplicemente non ci riuscireste, se non mandandovi in pappa il cervello (lo so, tutto è più semplice da capire se si parla di cinema).
Tornando alla letteratura, personalmente, gradisco anche molto i cosiddetti Capitoli Flashback, scritti appunto in corsivo e separati dal resto perché si tratta di capitoli a parte.
Il Flashback può essere unitario o scaglionato. Badate che può durare anche poche righe, volendo. Se si divide un Flashback, si ha la sensazione di elaborare quasi una sorta di storia parallela che si evolve insieme alla trama originale, solamente in un tempo differente.


Poi ci sono i Flashforward (o prolessi). Sono decisamente meno utilizzati del Flashback, perché comportano un salto nel futuro. Quindi gli usi sono decisamente più ridotti. Potrei immaginarmi un Flashforward, ad esempio, per una profezia che mostra ciò che avverrà alla fine della storia. In confronto, il Flashback è molto più duttile perché può essere impiegato per ampliare la trama, e la sua completezza, senza poi ritrovarsi troppo responsabili nei confronti del Flashback stesso.
In via teorica il funzionamento del Flashforward dovrebbe essere del tutto simile a quello del Flashback. In pratica, però, il Flashforward viene usato principalmente in due situazioni: all'inizio di un romanzo o alla fine.
All'inizio funge da prologo, e anticipa gli eventi finali, per poi troncarli senza risolverli. Così, dal capitolo primo, inizia il racconto che poi vi riporterà al punto iniziale (quindi potete vedere il prologo come un Flashforward o il resto del romanzo come un grande Flashback... a vostra scelta). Il primo esempio che mi viene in mente per questo è "Twilight" della Meyer, che inizia proprio con la fine, per poi interromperla e sviluppare la storia che ha portato a quel punto.
Se il Flashforward è posto alla fine, funge invece da finale per così dire "avanzato". Ovvero, risolto l'intreccio principale, e chiusa la trama con l'ultimo capitolo, si apre una postfazione, che spesso riprende in mano i personaggi dopo un tot di tempo, per far capire come le cose si sono evolute una volta finita l'avventura principale. Esempio lampo, il finale di "Harry Potter e i Doni della Morte", è un Flashforward.
Ovviamente se i Flashforward si presentano sotto forma di prefazione o postfazione, non necessitano di essere scritti in corsivo, parlano già da sé. Per i Flashback era utile semplicemente perché, solitamente, si trovano nel bel mezzo del libro, e altrimenti sarebbe difficile identificarli.


Bene, anche per oggi ho concluso!
Dato che mi ha fatto i complimenti e ha commentato, questa lezione la dedico a Yoru per ringraziarlo.
A presto!  


mercoledì 22 maggio 2013

Aggiornamento - giornaliero #2

Wow, non mi era mai capitato di fare due aggiornamenti in un giorno solo!
Sapete cosa? la finestra di dialogo mi aveva già stancato, e quindi l'ho tolta a tempo di record. Soprattutto perché NON E' VERO che una volta votato sparisce. Ho votato 3 volte da anonima e continua ad apparire.
Per cui, ho capito che è un complotto per mettere fuori gioco il mio blog.
Doveva esserci un motivo per cui era gratis! Damn it!
Comunque, per continuare a testare il sito di NetParade, ho deciso di inserire un banner, molto meno fastidioso, in una pagina dedicata intitolata "Votami". Ringrazio in anticipo se vorrete darmi una mano!

ps: se ancora non l'avete letta, fate un salto a leggere la Lezione 28 (le ho tolto visibilità con questi due aggiornamenti, poverina). A riscriverci! 

Aggiornamento - Da ora in poi mi odierete

Salve marmaglia!
Questa è una settimana di novità. Avrete notato la grafica del tutto rinnovata, e spero vi piaccia. A me personalmente piace molto, anche se ero indecisa tra i toni verdi e i toni azzurrini... spero di aver scelto bene!
Il layout, cioè la disposizione dei widget e delle pagine, non è cambiata granché. L'unica differenza è che ho aggiunto una casella per contattarmi via email a fondo pagina.

Ora, novità più importante: grazie ad un altro blog ho trovato un sito che mi pare molto carino, che serve a pubblicizzare un po' il blog e a renderlo un pochettino più visibile. Tuttavia, da un grande potere derivano grandi responsabilità, per cui ci sarebbe un sacrificio piccino picciò da parte vostra.
In pratica, quando entrerete la prima volta nel blog, vi apparirà una finestrella di dialogo, che vi chiede se avete voglia di aggiungere un voto positivo per il blog (è proprio così che si sale in classifica).
Non è una finestra insulsa e rompiballe, nel senso che voi in teoria potreste anche chiuderla con il tasto "no grazie", però dopo riapparirà al vostro secondo accesso. Se votate invece non vi dovrebbe dare più rogne...
Io ero abbastanza contraria a questo genere di cose. Anche perché ho sempre paura di inimicarmi i nuovi avventori, che appena vedono la finestra di dialogo chiudono tutto il sito e basta. Però è solo un tentativo, posso toglierla quando voglio... e credo sia una buona alternativa ai banner pubblicitari, che io per il bene del blog non ho mai voluto aggiungere e che probabilmente mi avrebbero portato più visibilità. Anche perché, chi ha una connessione lenta lo sa, spesso i banner animati non solo sono fastidiosi da vedere, ma precludono il caricamento di tutta la pagina.
Come ho detto, è solo una prova, vediamo come va. Io stessa farò qualche accesso anonimo per verificare che la finestra sia davvero "discreta" come dicono. Se poi secondo voi è troppo fastidiosa o se vedo che comunque è di utilità abbastanza dubbia, provvederò ad eliminarla.

Sorry per il disagio, e grazie in anticipo se vorrete votare positivamente (quando avrete cliccato su "sì" vi si aprirà il sito, non dovete iscrivervi, basta solo che clicchiate su "conferma voto"). Sappiate che mi aiutate tanto con un semplice click!

martedì 21 maggio 2013

Lezione 28 - Incipit e finali

Salve a tutti amici di Arte parla di Arte!
Come promesso, arriva (un po' in ritardo), la lezione sui vari tipi di incipit e di finali che esistono nella narrativa. Sebbene ognuno di questi aspetti sia diverso da romanzo a romanzo, infatti, tutti possono comunque essere raggruppati in più ampie categorie.


Ma andiamo con ordine. Parliamo innanzitutto dell'inizio della storia. Non è da sottovalutare: non si può iniziare come si vuole, seguendo il caso. Bisogna ponderare le prime parole, perché sono quelle che faranno capire al lettore se vale la pena di continuare a leggere. Io credo che ogni libro sia un colpo di fulmine: se non attrae subito, è molto difficile avere poi un'opinione positiva su tutto il resto. Quindi stupite fin dall'inizio! esagerate, date il meglio di voi stessi!
Tecnicamente, non c'è una regola base per l'incipit. Nella precedente lezione abbiamo parlato di sequenze: ebbene, per partire con una storia potete scegliere quella che più vi aggrada. Ma attenzione! Questo ovviamente darà modo al lettore di farsi subito un'idea sul vostro stile. Se desiderate quindi uno stile veloce, iniziare con sequenze narrative o dialogate. Se invece tenete molto ai dettagli e preferite un'entrata più sfumata nel mondo del vostro romanzo, allora le sequenza descrittive e riflessive fanno per voi!
Anche per quanto riguarda lo svolgimento dell'incipit avete libera scelta: potete creare un antefatto, una prefazione, una situazione di partenza classica, oppure anche iniziare ad avvenimenti già compiuti. Quest'ultimo tipo di incipit si dice "in medias res", in italiano "nel mezzo della situazione"; è molto interessante ed è anche piuttosto difficile da gestire, perché il protagonista e i suoi aiutanti hanno già compiuto buona parte della loro avventura, che voi abili scrittori dovrete poi completare con una serie di falshback. Se volete un esempio, uno dei più famosi incipit in medias res è quello dell'Eneide: si parte con una tremenda tempesta e il naufragio di Enea e dei suoi sulle coste del Nord Africa, a Cartagine, dove la regina Didone li accoglie. Durante un banchetto, Enea narra gli avvenimenti dei quali è reduce.
Quindi ribadisco: scegliete la modalità che più preferite, ma DATE DEL VOSTRO MEGLIO!


Passiamo al finale, ovvero il "tirare le fila" dopo una storia con intreccio e svolgimento (si spera) accattivanti.
Il finale è importante quanto l'inizio, se non forse ancora di più. Le ultime parole sono quelle che lasciano il retrogusto nella mente del lettore, sono la ciliegina sulla torta: se non ci sono, tutto il resto sembra un po' meno bello (a questo proposito potete leggere anche la Lezione 1 - Le ultime parole famose).
Per cui, pensate molto bene il finale! Il finale che, tra le altre cose, può essere di 6 tipi:

  • Con morale: implicitamente o esplicitamente contiene un insegnamento morale. Molto comune nelle favole, ad esempio, degne eredi degli exemplum latini (antiche favolette scritte apposta per insegnare una morale. Molto famose quelle dell'autore Fedro)
  • Aperto: non concluso, per cui dovrebbe (uso il condizionale perché non credo molto in questa strategia) lasciare immaginare al lettore gli avvenimenti futuri. Oppure si può usare un finale aperto se si desidera avere poi la possibilità di continuare la storia (come spesso succede, ahimè, per molte serie televisive, che quindi non conducono mai a niente). ATTENZIONE PERO'! Finale aperto non è se si conclude una storia lasciando poi sottinteso quello che accadrà. Per avere un finale aperto il lettore non deve avere la minima idea di cosa accadrà dopo. Per cui i cosiddetti finali allusivi non sono da considerarsi finali aperti. 
  • Tragico: beh... direi che il nome si spiega da solo. Si ha finale tragico quando non c'è lieto fine, e tutto è descritto con toni drammatici e crudi.
  • Narrativo: finale intero, nel senso che chi scrive abbonda con i particolari per concludere la vicenda nel modo più ampio e completo possibile.
  • Tronco: finale improvviso. La vicenda è di per sé conclusa, ma il narratore non si sforza di aggiungere particolari a proposito del finale, e di quello che eventualmente accadrebbe subito dopo. Da' quasi l'impressione che il libro si chiuda per sbaglio, come fosse stata strappata qualche pagina.
  • A sorpresa: quando riporta avvenimenti che sconvolgono del tutto l'intreccio fino a quel punto ottenuto. Ad esempio, si può avere finale a sorpresa se si scopre il protagonista essere in realtà il cattivo.

Ovviamente un tipo non esclude l'altro. Si possono avere finali narrativi-con morale (i miei preferiti), oppure tragici-a sorpresa, o ancora tronco-aperto. Naturalmente l'unico accostamento non consentito, che porterebbe ad un'antinomia, è quello narrativo-tronco. 
Anche qui, potete scegliere quello che più vi piace, io non posso far altro che dirvi la mia opinione e basarmi sui miei personali gusti (come si è capito, di solito non gradisco i finali tronchi o aperti), ma non c'è alcuna legge scritta per cui bisogna preferire l'uno all'altro. Fate come vi dice la testa (o il cuore, per i più sentimentali). Però, qualsiasi cosa facciate, FATELA BENE!!! Alla fine è solo questo che determina se un libro può essere letto o meno, la passione che ci mettete.


Bene, finalmente ho finito!
Eheh, sono mancata per un mesetto, ma stavolta vi ho regalato una lezione piuttosto corposa, vero?
Vi saluto qui e vi anticipo subito che, se vorrete, la prossima lezione riguarderà i Flashback e i Flashforward! 
A ri-scriverci!


mercoledì 10 aprile 2013

Lezione 27 - Le sequenze narrative

Torno finalmente con una nuova lezione, e se devo essere sincera devo ringraziare un amico nel forum "Lands and Dragons" per avermi dato l'idea!
Oggi parliamo dei tipi di sequenze narrative. Lezione molto tecnica.
Un testo narrativo è diviso in varie sequenze, ognuna caratterizzata da diversi stili e finalità. Andiamo subito ad elencarle:


  • Sequenze Narrative: raccontano un fatto che è accaduto o sta accadendo nella vicenda.
  • Sequenze Descrittive: descrivono qualcosa o qualcuno, nella sua fisicità o interiorità.
  • Sequenze Riflessive: contiene le riflessione, le idee e le posizioni di un personaggio o del narratore.
  • Sequenze Dialogate: contiene i discorsi diretti dei personaggi.


Le sequenze non solo "parlano" di cose diverse, ma hanno diverse peculiarità! La sequenza Descrittiva, ad esempio, non solo rallenta il tempo, ma lo ferma. Ovvero non accade nulla durante una sequenza Descrittiva: il narratore è immobile a descrivere qualcosa e il lettore si ferma con lui. 
La sequenza Narrativa invece mantiene il tempo o coincidente (proporzione 1:1, nel senso che il tempo della storia, il tempo del discorso e il tempo del narratore coincidono) oppure accelerato. 
La sequenza Riflessiva, come la Descrittiva, porta il tempo a fermarsi.
La sequanza Dialogata porta il tempo ad essere sempre coincidente.
Ovviamente bisogna tenere conto di questo. Infatti, scegliendo quale tipo di sequenza far prevalere, si può scegliere quale ritmo mantenere mentre si scrive. Quindi molte sequenze Descrittive o Riflessive portano il lettore a giudicare il libro molto lento, mentre una maggioranza di Narrative e Dialogate porta ad un ritmo abbastanza frenetico.
Il mio consiglio? Come al solito, bisognerebbe equilibrare le due cose, almeno per tendere allo stile perfetto. Sarà comunque impossibile raggiungere questo standard di perfezione, è inevitabile seguire i propri gusti personali. Io ad esempio, se proprio dovessi sbilanciarmi, direi che preferisco un ritmo veloce. Non frenetico, veloce. Infatti inserisco molte sequenze Dialogate e Riflessive.
Per dovere di cronaca, devo ricordarvi che esistono altre tipologie di sequenze (espositive, argomentative, persuasive...) ma si tratta sempre di sottotipi della più ampia sequenza Riflessiva. Quindi seguono le regole di quest'ultima, per quanto riguarda il ritmo.


Distinguere tra loro le sequenze è un ottimo esercizio di scrittura creativa. Di solito si usano testi relativamente brevi, e si individuano le sequenze, che possono essere macrosequenze (se molto ampie) o viceversa microsequenze.
Ogni sequenza ha un'unità di contenuto. Quindi, tirando le somme, ogni sequenza sta con sé stessa, e si può dire conclusa quando subentra un'altra sequenza, che ha un diverso contenuto. In pratica "parla d'altro". 
Le sequenze sono per un libro quello che le scene sono per un film. Quando una scena si conclude (attenzione, non un'inquadratura, che è tutt'altro) quando una scena si conclude il film cambia completamente ambientazione e contenuto.
Una volta individuate le sequenze (non c'è mai una regola fissa, la capacità di individuarle dipende solo dalla sensibilità artistica e dall'allenamento del lettore; non c'è un modo "sbagliato" di individuare le sequenze), dicevo, una volta individuate, bisogna dare a tutte un titolo. 
E, ora, la magia: unite tutti i titoli e avrete ottenuto il riassunto della storia. Semplice, vero?
Questo è un ottimo modo non solo per esercitarsi, per capire le regole del ritmo e la struttura narrativa, ma serve appunto anche a coloro che non sono capaci di riassumere. Purtroppo è una cosa più diffusa di quanto non si pensi. E saper fare un riassunto è importantissimo. Questo è un modo per imparare.


Bene, adesso è ora che vi lasci nel vostro brodo a rimestare tutte le informazioni che vi ho dato.
Nella prossima lezione parlerò dei tipi di finali e di inizi delle storie!
A prestissimo!

venerdì 1 marzo 2013

Stop Vivisection!

Oggi vi parlo di "Stop Vivisection", un'iniziativa popolare volta ad abrogare finalmente la vivisezione in TUTTI i paesi UE e su TUTTI gli animali. Non solo: la norma verrebbe sostituita, e il nuovo testo imporrebbe di utilizzare dati specifici per la specie umana in ogni esperimento. Ricordiamo infatti che la vivisezione, e la sperimentazione animale in genere, oltre ad essere eticamente aberrante, è anche scientificamente dimostrata essere non sempre efficace per quanto riguarda la creazione di medicinali o cosmetici utili all'uomo. Oggi come oggi esistono nuove tecnologie, e la sperimentazione animale è del tutto INUTILE, solo meno dispendiosa per le aziende. Ritengo quindi che l'abrogazione della legge in esame sia un passo non solo UTILE, ma NECESSARIO!
Quindi vi chiedo col cuore in mano di andare sul sito di Stop Vivisection e apporre la vostra firma! L'iniziativa sarà valida solo una volta raggiunto il milione di firme, e c'è ancora tanto lavoro da fare. Quindi non aspettate un secondo di più e correte a firmare: Arte ve lo impone!
Purtroppo il requisito per rendere valida la firma è la maggiore età, quindi verrà scartata una buona fetta dei miei lettori, ma gli altri non devono tardare di un solo minuto. E' un'operazione semplice e veloce, impiegherete al peggio un paio di minuti, e non è richiesta registrazione al sito.
Trovate il logo di Stop Vivisection in basso a sinistra, nella colonna dei widget, si può accedere al sito anche da lì.
FORZA, FIRMATE!


ps: molti vedranno la dicitura "abroghiamo la legge sulla protezione degli animali da laboratorio". Ora, per evitare equivoci, fate attenzione: c'è sì protezione per gli animali da laboratorio (e poi nemmeno così tanta), ma accettarne la protezione significa implicitamente ammettere la vivisezione. Ecco perché Stop Vivisection è interessata ad abrogare questa norma e a sostituirla. E' molto fraintendibile.

lunedì 25 febbraio 2013

Lezione 26 - Racconti Brevi

Salve a tutti! Come promesso, nuova lezione!
Oggi parliamo dei racconti brevi. Spesso sottovalutati, secondo me.
Dunque, cominciamo dalle nozioni basilari: un racconto breve è una trama scritta in prosa di lunghezza molto meno estesa di un romanzo. Non esiste un termine preciso, né in caratteri minimi né massimi. I racconti possono essere singoli, a sé stanti, oppure essere inseriti in una raccolta. Nel qual caso, i racconti possono essere identificati come i capitoli di una storia unitaria, con l'unica differenza che ognuno ha una trama differente (e di conseguenza possono esserci anche personaggi e ambientazioni completamente diverse). Se i racconti della raccolta hanno, come appena detto, trame completamente diverse tra loro, l'elemento comune potrebbe essere la morale a cui vogliono tendere, o il genere; per esempio, Edgar Allan Poe scriveva spesso racconti gotici e di fantascienza, mentre Verga, nella sua raccolta di racconti, narrava di personaggi diversi, con storie diverse, ma accomunati tutti dal medesimo destino, solitamente la morte o l'eterna malinconia (ad esempio La Lupa, Rosso Malpelo, etc...).
Insomma, il racconto breve è estremamente versatile. Si può parlare di ciò che si vuole, come si vuole, e quanto si vuole. Non si è mai vincolati alla corposità imposta ad un romanzo, e spesso è un bene, perchè può capitare di non essere in grado, o semplicemente di non avere voglia di immergersi totalmente in un'unica, grande storia, pur rimanendo la voglia di scrivere.
Anzi, dato che per uno scrittore che voglia definirsi tale, è normale avere dei momenti di "svogliatezza", io trovo il racconto breve la perfetta valvola di sfogo: ti permette di scrivere senza essere vincolato a nulla. Anche volendo scrivere un'intera raccolta, non si è mai obbligati a trovare un elemento comune tra i racconti componenti la stessa, non si è obbligati a scriverne né un minimo, né un massimo, non ci sono termini di lunghezza nella singola storia breve, e infine è immensamente più semplice mettere in piedi una raccolta piuttosto che un romanzo unitario.
La mia opinione? Scrivere racconti brevi aiuta tantissimo. Quando non si ha troppo tempo o non ci si vuole immergere in una sola storia, lunga e difficoltosa, il racconto breve è il perfetto strumento per mantenersi in allenamento e divertirsi, sfogare l'ispirazione, ripeto, senza vincolo alcuno. L'unico lato negativo dei racconti brevi è che, seppur più ben accetti ai concorsi (e quindi in ogni caso possono portarvi in alto con il minimo lavoro possibile), spesso non vengono pubblicati. Ma non disperate: non è raro che una storia breve diventi poi un romanzo. Vorrei fare l'esempio della mia storia, ma dato che non sono (ancora) famosa, basta che pensiate ai Malavoglia: sono nati in una storia breve e sono diventati i protagonisti del romanzo più famoso di Verga.
Quindi, in chiusura: se avete voglia di scrivere ma non il coraggio o la spinta necessari a buttarvi in un romanzo, non rinunciate. Scrivete, anche se poco, ma scrivete. Questo potrebbe aiutarvi ad avere la "grande idea", oppure potreste semplicemente scoprire di amare di più il racconto breve del romanzo. Posso garantirvi che anche un racconto regala tante soddisfazioni!


venerdì 15 febbraio 2013

Arte esiste ancora!

Sì, strano a dirsi ma è così. In realtà possiamo dire che ho ripreso ad esistere questo fine settimana... dopo l'esame di mercoledì (Diritto Costituzionale, un bel 26. Era l'esame più impegnativo di questo semestre). Ora che sono felice e sto pigramente aspettando l'inizio del secondo semestre, finalmente mi dedico al blog.
Lo so, lo so: niente lezione. Non perché non abbia voglia di scriverla ma perché al momento non ho materialmente più idee. So che c'è ancora un sacco di argomenti da toccare, ma per qualche motivo oggi nessuna idea mi è balenata in mente.
Passiamo alle buone notizie:

  1. Ho appena finito di preparare un salame di cioccolata.
  2. San Valentino sono riuscita, finalmente dopo tre lunghi anni di rapporto, a trascorrerlo insieme alla mia dolce metà.
  3. La lezione, giuro, arriverà a breve
  4. Ho ricominciato a scrivere. In compenso non mi piace quello che scrivo ma, insomma, non si può avere tutto.
  5. Ho avuto un'altra idea per una storia, anche quella registrata nella mia serie di documenti per futuri romanzi. Era da un po' che non mi capitava di fare buone pensate...

Insomma, Arte esiste ancora. Conduce uno stile di vita abbastanza precario, ma per ora può dirsi fuori pericolo. E questo la porta dai suoi lettori. Quindi, giurin giurello.... CI SI VEDE PRESTISSIMO!


mercoledì 2 gennaio 2013

Buon Anno, buon compleanno, altre scuse e Lo Hobbit

Salve gente! E BUON ANNO A TUTTI!!!!
Oggi è il 2 gennaio, e Arte parla di Arte compie 1 anno! Volete cantare tanti auguri?
Io intanto festeggio con un nuovo articolo. Non è una lezione. Quella la sto ancora elaborando. Per ora accontentatevi della promessa di un video post-primo-esame-universitario. A metà gennaio. Lo so, sono assenteista, ma se sapeste come sono messa con l'università mi capireste, credetemi.
Questo post però non può parlare solo di questo. Per intrattenervi un po' oggi ho deciso di fare una mini-recensione. Anche perché è una questione che mi preme, potremmo dire.
ma ora basta convenevoli, passiamo al sodo: ho visto Lo Hobbit. E le mie opinioni a riguardo sono abbastanza discordanti. Non ho ancora capito se mi è piaciuto o no. Anzi, diciamo, come opinione generale, che sì, mi è piaciuto, ma non in funzione della precedente trilogia Il Signore degli Anelli. Sarebbe stato bello come film a sé. Ma aveva altri kolossal alle spalle, e avrebbe dovuto tenerne conto, per ricreare la stessa atmosfera.
Anzi, già che ci sono facciamo un piccolo sunto delle cose che non mi sono piaciute, e delle cose invece che mi sono piaciute molto. Cominciamo in negativo:

  •  E' stata usata la computer grafica per TUTTO! Ne "Il Signore degli Anelli" almeno i nemici più vicini ai protagonisti erano veri, e si vedeva. Così come i combattimenti a cavallo: si prendevano dei veri cavalieri e si mettevano in scena. Si prendevano dei veri attori, gli si deturpava la faccia, e si facevano gli orchi. Per questo era bello! Già all'inizio del nuovo millennio si usava fin troppo la computer grafica, ma Il Signore degli Anelli non era così, per questo piaceva! La maggior parte delle cose che si potevano vedere erano VERE. i villaggi erano VERI, i paesaggi, i personaggi... si usava la grafica digitale solo dove era palesemente necessario. per questo era bello, per questo lo spettatore si sentiva rapito! Perché era tutto VERO! Ora, io posso capire che la computer grafica abbia fatto passi da gigante, e che costi infinitamente di più usare degli attori, però... se non avevate i soldi per fare come ne "Il Signore degli Anelli", NON FATELO! Semplice! La gente si accorge di questi cambiamenti!
  • Ad un certo punto hanno usato come setting la stessa valle che si vede ne "Le Due Torri" (quella con l'erba gialla e dei massi giganteschi sparpagliati un po' ovunque, dove Aragorn, Legolas e Gimli incontrano Eomer e i Rohirrim). E fin qui non ci sarebbe niente di male. Solo che due secondi dopo averla attraversata, Bilbo e i nani si ritrovano a.... GRAN BURRONE! E tu che conosci un po' di geografia Tolkieniana pensi: ma che accidenti c'era in mezzo, lo Stargate??? In ISDA quel setting apparteneva alla zona sud-ovest della Terra di Mezzo, ne Lo Hobbit invece sta vicino a Gran Burrone, che è a nord-est! Dalla parte opposta! E allora io mi chiedo, ma dovevate usare proprio quella valle? PERCHE'? Posso quasi riconoscere gli stessi sassi. La Nuova Zelanda è grande, santo cielo, perché non avete scelto un altro posto? 
  • Un'altra cosa secondo me brutta è stata la "psicologia" dei nemici. In ISDA erano cazzuti, passatemi il termine. Ricordate l'orco con mezzo cervello umano cucito sulla spalla che fa da generale d'attacco a Minas Thirit? In particolare, la scena in cui dalla città gli catapultano addosso un masso da 10 quintali, lui si sposta solo di mezzo millimetro e poi sputa con rabbia sul masso appena caduto... ecco questi sono i nemici che ci ricordiamo. Ne Lo Hobbit hanno avuto un'involuzione. Non solo sono stupidi (si salva solo il gigante bianco, per chi ha visto il film), ma sono anche grotteschi! Perché, ad esempio, i Goblin sono ROSA? PERCHE'? Sembrano Eterocefali Glabri! In ISDA erano verdognoli, adunchi e bavosi. In pratica erano l'opposto.
  • Elrond, uno dei personaggi storici, secondo me è stato un po' storpiato. Fisicamente è lui, l'attore è lo stesso etc. Ma sorride tantissimo! Elrond era un po' burbero, sempre serio. L'unico accenno di sorriso che fa è quando dice "Voi siete la Compagnia dell'Anello!" e poi basta. Qui è euforico!
  • All'inizio del film, quando viene spiegata la storia di Smaug il Drago, viene mostrata una città di cui sinceramente non ricordo il nome... e anche se appare in sì e no in due scene, si vede benissimo che è costruita su una cultura RINASCIMENTALE! E di nuovo, perché? Tutti sanno che la Terra di Mezzo è basata sul medioevo, perché hanno voluto mettere una città dall'aspetto palesemente più recente?
  • Alcune cose cambiano aspetto da ISDA a Lo Hobbit. Si vedano appunto i Goblin, di cui sopra. Ma anche i Mannari, che in ISDA erano più simili ad un incrocio tra un boxer e una iena... qui sono hanno più le fattezze di un lupo: più snelli, zampe proporzionate, pelo ordinato, denti ben fatti... belli ma niente a che vedere con i nostri buoni vecchi Mannari Ienosi.
  • Tre capitoli. E di nuovo: perché? In ISDA erano praticamente d'obbligo, era un romanzo lunghissimo e stra-dettagliato. Ma Lo Hobbit non è affatto così! 400 pagine in media, se va bene. Molti meno dettagli rispetto a ISDA e soprattutto, meno eventi! Come possono pretendere di farci saltare fuori tre film da tre ore l'uno? E' impossibile
  • Gli Stregoni. OH MIO DIO. Cosa non sono gli stregoni! Qui in realtà non è "colpa" del film. E' proprio la storia de Lo Hobbit ad essere infinitamente diversa rispetto ad ISDA. Infinitamente più infantile e infinitamente più... stupida. Con questo non voglio dire che è brutta, ma è proprio un'altra cosa! Se ISDA è da adulti e, se posso dirlo, anche abbastanza violento, Lo Hobbit è partito come romanzo per ragazzi, ed è normale che sia meno serio di ISDA. Però... alcune cose mi hanno davvero rovinato la trilogia originale. Si veda, appunto, lo Stregone Bruno. Dovete sapere che in ISDA vengono mostrati solo due stregoni, entrambi molto saggi, anziani, e con personalità profonda: Gandalf e Saruman. Quindi lo spettatore s'è fatto una certa idea di come sono gli Stregoni. Però ne Lo Hobbit inseriscono questo Stregone Bruno che sembra un personaggio da film di Natale serie Z. Oltre che ad essere pazzo, ha anche un'enorme cacca di piccione in testa. Questo dovrebbe bastarvi. Ora voi mi dite: ma è la storia ad essere così, quel personaggio è quello descritto da Tolkien! Non è colpa del film. Io rispondo: vero. Assolutamente vero. Ma in ISDA il regista (Peter Jackson) ha compiuto la precisa scelta di eliminare tutte le parti più infantili del romanzo. Si veda Tom Bombadil, sempre per chi ha letto il libro, etc. Perchè non ha fatto la stessa cosa ne lo Hobbit, cosa che avrebbe mantenuto lo stesso spirito della vecchi trilogia? Ve lo dico io: perché non può togliere NIENTE, dato che ci devono saltare fuori tre film da tre ore. Ed ecco perché la Terra di Mezzo non è più quella dei vecchi film.
  • La scena del ponticello. Ad un certo punto Gandalf e i Nani si trovano su un ponticello sospeso nel vuoto, all'interno di certe caverne nelle montagne. Gandalf apre la fila e a bloccarlo dall'altra parte c'è il Boss Goblin (una specie di palla di lardo rosa). In breve, accade questo: Gandalf dice qualcosa che non ricordo, tira una spadata al Boss e gli taglia la pancia. Il Boss dice "credo che ora morirò" con il timbro di voce più scemo che abbia mai sentito. Dopodiché il ponte si rompe, cade e per miracolo tutti si salvano. Ora... respirate... meditate... e rispondete a questa domanda: questa scena non vi sembra la scimmiottatura della famosissima scena "TU NON PUOI PASSARE"? Esattamente. E' praticamente la stessa scena. Cambia solo il tono un tantino meno epico: il ponte è corto e di legno traballante, non certo in pietra come quello di Kahzad-Dum. Inoltre, nella scena di ISDA, il nemico era il Balrog. Ne lo Hobbit è un rotolo ciccione e gay. TROVATE LE ACCIDENTI DI DIFFERENZE!
  • I Nani. Anche qui abbiamo un discorso simile a quello degli altri punti. Sono più stupidi e meno epici, per quanto potesse esserci di epico in Gimli. Però, davvero, Gimli aveva una dignità. Questi Nani... un tantino meno. (e poi le Nanesse [se così si chiamano] non hanno la barba. Si vedono all'inizio del film, mentre scappano dalle grinfie di Smaug. Anzi sono basse ma piuttosto belle. Questo mi ha ulteriormente rovinato, insieme al fatto sconvolgente che esistono "Nani belli", i due più giovani della compagnia. Io li immaginavo tutti grassi, pelosi e ruttosi).
  • La scena del ritrovamento dell'Anello. Non è fatta male, anzi... è solo che, per chi ricorda, questa scena in versione super-breve viene mostrata anche nel prologo di ISDA. Ed è fatta diversamente rispetto a Lo Hobbit. E' normale, non fraintendetemi... ma se fossi stata nel regista l'avrei resa più simile possibile, per non dare il senso di distacco tra una trilogia e l'altra.
  • Scene riciclate. Già, sono state riutilizzate, in contesti diversi, molte scene di ISDA. La più stupida arriva nel momento in cui Gandalf si incazza per niente e usa lo stesso trucco oscura-stanza di ISDA. Peccato che il motivo non regga...
  • Scena dei giganti. A parte il fatto che questa scena sembra fatta nello stesso set che aveva visto la compagnia dell'anello combattere contro Saruman-demolitore-di-montagne... I GIGANTI????? Ma... c'erano nel libro? Io sinceramente non li ricordo. Ma proprio per niente... (anche se il libro l'ho letto molto tempo fa, quindi concedo il beneficio del dubbio). Mi viene quasi da pensare che se la siano inventata di sana pianta per allungare di tre quarti d'ora il film. Altrimenti non ci salta fuori la trilogia.
  • Guillermo del Toro. CHE C'ENTRA? Sarà anche bravo, ma non era in ISDA e non doveva essere nemmeno sceneggiatore de Lo Hobbit! Per chi non lo sapesse, questo personaggio è stato sceneggiatore anche dei due "Hellboy" e di quel castrone de "il Labirinto del fauno". Ora dovreste spiegarvi molte cose... e guarda caso, l'unico film di animazione del 2012 che non mi ispira per niente, Le 5 Leggende... ha come sceneggiatore proprio il buon vecchio Guillermo. Colpa sua se Lo Hobbit mi ha deluso? Direi di sì, per una buona percentuale. 
  • Ironia idiota. Che rende imbecilli i personaggi e le situazioni. Ma qui mi posso ricollegare alle scene già viste: quella del ponte, che cade come uno snowbord e miracolosamente tutti si salvano. Oppure le battute di molti personaggi. 

Bene, finalmente passiamo alle cose positive. Perchè in effetti ce ne sono, e fatte molto bene:

  • Il Prologo nel Prologo. Mi è piaciuto il fatto che Lo Hobbit inizi con la stessa festa dell'inizio di ISDA, e si presenta un po' come una storia parallela. A dire il vero non so bene perchè, ma mi è piaciuto. 
  • Le colonne sonore. FANTASTICHE. Non c'è nient'altro da dire. (solo ad un certo punto, chissà perchè, hanno inserito la traccia dei Cavalieri Neri de "La compagnia dell'Anello" come sottofondo a Thorin Scudodiquercia che si prepara ad attaccare il suo nemico in una scena epica. Mi sono chiesta perché, ma non è propriamente un punto negativo)
  • Usare gli stessi attori, dove possibile. E' stata una bella mossa, e non del tutto scontata, come invece si potrebbe pensare. Peccato per la voce di Gandalf, ma quello purtroppo è un problema non risolvibile, causa la morte del doppiatore originale. Un vero peccato.
  • Gollum. E' una delle poche cose, insieme alla scenografia della Contea, ad essere rimasta identica ad ISDA. Ed è stato un tuffo nel passato, vederlo muoversi, strisciare e gemere. Bella l'interpretazione dell'attore, e bella la scena degli indovinelli (cosa anche questa che definirei infantile, ma che in realtà è stata resa bene, in pieno stile ISDA).
  • Il Gigante Bianco, Boss nemico di Thorin Scudodiquercia. Mi piace come al posto del braccio sinistro abbia uno spuntone di metallo piantato nel gomito. Ecco, questo è un nemico! Questo è qualcosa di simile agli orchi cazzuti di ISDA! (anche se assomiglia un po' troppo ai mostri di "Io sono Leggenda").
  • Tutti i rimandi a ISDA. Ce ne sono un sacco, praticamente ad ogni battuta. Si parla anche di come Mordor nasce, di come Sauron torna al potere... insomma tutto ciò che non si sapeva da ISDA. Interessante. 

Purtroppo non mi viene in mente nient'altro di particolare. Ma posso dire, in linea generica, che il resto del film è bello, al di fuori dei punti negativi che ho sottolineato.
Bene, la recensione è finita. Non si tratta di un libro, per una volta, ma ci tenevo davvero, anche perché credo di essere l'unica fan di Tolkien ad avere questa opinione un po' discordante a proposito di questo film.
Voi che ne pensate? 
Aspettando i prossimi capitoli de Lo Hobbit, arrivederci! Alla prossima lezione!