domenica 15 luglio 2012

Lezione 17 - Soliloquio e Monologo

Questa lezione nasce da un dubbio che mi è accorso scrivendo la Lezione 16. Ho parlato di monologhi, infatti, chi ha letto ricorderà. Ma poi mi sono ricordata che esiste anche il soliloquio, riportando alla memoria una lezione di Shakespeare di ben tre anni fa. Subito mi è venuto il tremendo dubbio che i monologhi che tanto ho odiato nella precedente lezione siano in realtà proprio soliloqui.
Ora, voi lo sapete, non sono una persona che propriamente ha studiato teatro, cinema o scrittura, tutto ciò che so si basa solamente sulle comuni esperienze scolastiche. Mi piace definirmi più che altro autodidatta, per tutto ciò che è extrascolastico. Quindi ero quasi del tutto ignara del significato di soliloquio e la relativa differenza con il  monologo: la persona che me lo spiegò durante la lezione su Shakespeare non era in grado di farlo adeguatamente, perché ricordo bene che non riuscii a capire.
Ebbene, oggi è arrivato il momento di riempire le lacune. Memore della mia ignoranza sulla differenza tra soliloquio e monologo, e inoltre spinta dalla paura di aver scritto fesserie nella precedente lezione, sono andata a documentarmi. E sapete qual'è la conclusione a cui sono giunta? Che nessuno in realtà conosce la risposta.
Ho trovato interi articoli riguardanti l'argomento. E tutti, più o meno, concordano sul fatto che uno dei due è il parlare con sé stessi, mentre l'altro è parlare da soli, ma in presenza di un pubblico (immaginario o reale non ha importanza, il fatto che incide è che il personaggio si rivolga a qualcuno di esterno piuttosto che a sé stesso). Notate anche voi quindi come la differenza è molto labile. Il problema più grande, infatti, sta qui: capire quando si tratta della prima situazione o della seconda. Alcuni dicono che il monologo sia il parlare solo con sé stessi e il soliloquio in presenza di un pubblico, altri l'esatto opposto. Di chi fidarsi?
Io non mi fido di nessuno, quindi sono andata sull'enciclopedia che tengo nel primo ripiano della mia fantastica libreria. Di lei mi fido. Ecco il verdetto:

Dal volume 14° dell'Enciclopedia Universale Curcio - Monologo: [dal greco: "che parla da solo]. Battuta detta da un personaggio solo in scena, senza interlocutori, o senza che interloquiscano altri personaggi presenti in scena, in maniera evidente o meno [...]

Questo era il monologo. Non c'è la definizione del soliloquio. Infatti, come noterete, in quest'unica definizione  rientrano sia il presunto monologo, sia il presunto soliloquio. Ciò mi ha portato a pensare che in realtà il soliloquio sia solo una mera particolarità del più generico monologo, particolarità che evidentemente nessuno conosce appieno, nemmeno la mia bellissima enciclopedia.
Per tagliare la testa al toro, ho preso in mano il mio nuovissimo Devoto-Oli, e ho cercato nuovamente entrambe le definizioni:

Monologo: scena drammatica, in cui l'attore compare o resta solo parlando come se pensasse ad alta voce / breve composizione scenica per un solo attore / soliloquio e vano tentativo di coinvolgere uno o più interlocutori in un dialogo improbabile [...]
Soliloquio: colloquio tra sé e sé nell'ambito di un momento riflessivo o meditativo / monologo [...] 

In entrambe le definizioni appare la definizione opposta, quasi fossero sinonimi. Il che mi ha portato sempre più a pensare che, in fondo, la differenza sia così marginale da risultare inutile.
Dopo la ricerca dei termini, è avvenuta una discussione con mia madre per interpretare la profezia del Devoto-Oli. E abbiamo concordato che, almeno secondo noi, un monologo si ha quando un personaggio parla da solo, anche esprimendo pensieri a voce alta, ma si presuppone sempre la presenza di un ascoltatore, che potrebbe essere un altro personaggio o il pubblico teatrale. Il soliloquio invece è il parlare tra sé senza presupporre alcun ascoltatore, nemmeno il pubblico, proprio come se il pubblico non esistesse.
Ecco quindi trovata la leggerissima differenza tra i due termini.
Tornando alla fatidica lezione 16, pertanto, credo di poter dire che vadano bene entrambi i termini. Propriamente ciò di cui parlavo era il soliloquio. Ma se ricordate ho detto che un discorso del personaggio così esposto, ad alta voce e nel bel mezzo del nulla,  porta di solito al lettore ad estraniarsi dalla storia, e a sentirsi, appunto, lettore, non più immedesimato. Quindi, in pratica, si può parlare anche di monologo, perché alla fine si crea un pubblico, anche se non era l'effetto desiderato.
Sì, insomma, rimango tuttora indecisa. Comunque credo di poter dire che, sebbene forse il soliloquio fosse tecnicamente più adatto a parlare della lezione 16, anche il monologo, alla fin fine, non sia del tutto errato. Si tratterebbe solo di una superficialissima specificazione.
Detto questo, il mio parere non cambia: non si deve mai far parlare il personaggio da solo in un libro che presuppone l'immedesimazione del lettore nella scena, perché questo lo porta bruscamente nella realtà. Questo è un meccanismo che si può usare nella commedia (anzi, si POTEVA usare, le mode di oggi prevedono spesso che anche lo spettatore di teatro sia da far immedesimare piuttosto che lasciarlo al suo posto in platea). Pertanto non cambio nulla della lezione 16, se non forse il finale: no soliloqui, no soliloqui, NO SOLILOQUI, NO SO-LI-LO-QUI!!! Ve lo chiedo col cuore!


2 commenti:

  1. Please andare a vedere il mio commento nel mese di aprile sulla lezione 11. Dai su, muoversi!

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  2. Interessante!!Peró il "qual è" apostrofato non si può vedere.

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