giovedì 5 gennaio 2012

Lezione 3 - Il ritmo.

Alle volte siamo indecisi sul ritmo narrativo da tenere mentre scriviamo. A volte ci reputiamo troppo lenti, altre volte troppo veloci. A volte troppo particolareggiati, a volte troppo superficiali. Ma quindi, chi decide il ritmo narrativo?
Diciamo che il ritmo è, forse, la parte più personale di un'opera. Ci sono scrittori che amano le lunghissime prefazioni, come Eco, e altri che cominciano subito con la trama concitata, mantenendo un ritmo serrato per tutto il libro, come Crichton o Manfredi. Cosa è meglio?
Bene, ricordando la regola principale del "non annoiare", possiamo dire che, per raggiungere un pubblico più vasto e per avere più possibilità di essere letti, a fini puramente editoriali è meglio mantenere un ritmo veloce. Detto ciò, però, non voglio essere fraintesa: una trama troppo veloce non piace a nessuno, né agli editori né ai lettori, come non piace una trama troppo particolareggiata. Sarebbe quindi un bene se si riuscisse a livellare il tutto. Cioè, a mio parere, l'ideale è una trama che non annoia, e che quindi sorvola su tutto ciò che non è importante a fini narrativi, ma che sulle parti clou si sofferma, e anche in maniera piuttosto dettagliata.
Vero è, però, che la prolissità è un problema di più facile risoluzione rispetto alla superficialità. E', infatti, molto più semplice depennare piuttosto che aggiungere. Pertanto, se soffrite di superficialità, non vi mentirò, è più grave. Ma ciò non significa che non potete risolvere il problema.
Dunque, il consiglio generale è semplice: esitate, temporeggiate. Sapete come si dice, no? Melius abundare quam deficere. E quindi... abundate! Mettetevi sempre nell'ottica di mantenere un ritmo non troppo noioso. Ma se siete nel dubbio, rimanendo nei limiti, abbondate! Farete sempre in tempo a togliere.
E ora il consiglio un po' più tecnico: fareste bene, almeno dopo ogni capitolo, a rileggere ciò che avete scritto. Ma subito, quando siete ancora freschi. Questo vi permetterà di farvi un'idea generale e subitanea di come avete scritto. E di solito ciò che pensate voi è proprio quello che poi andranno a pensare i lettori: in fondo anche voi, prima che scrittori, siete lettori. Quindi è assolutamente necessario che siate sinceri con voi stessi e che vi poniate questa semplice domanda: a me piace? Se la risposta è sì, quasi sicuramente vuol dire che avete fatto un bel lavoro, quindi lasciate stare il capitolo; lo riprenderete fra qualche settimana, o anche fra qualche mese, e vi riporrete la solita domanda. Se invece avete dei dubbi, significa che qualcosa che non va c'è, e dovete trovarlo! Allora cominciate a mettervi nei panni di un lettore: cosa vorreste da quel capitolo? Cosa vi aspettereste? Basta un momento di concentrazione per capire cosa avete scritto di troppo e cosa, invece, dovrebbe essere più particolareggiato. Quando avrete trovato i difetti, riscrivete e tornate a leggere, ricominciando daccapo ogni volta che qualcosa in quel pezzo non vi torna.
Ci tengo a ribadire, però, che bisogna essere assolutamente sinceri con sé stessi! Non troppo permissivi, altrimenti il vostro lavoro saprà di poco curato, ma nemmeno troppo severi, altrimenti si rischia di non finire più con le correzioni. Quindi, se sinceramente credete di aver fatto qualcosa di buono, ripeto, LASCIATE STARE. Vuol dire che va bene così. Questo è un lavoro creativo, e deve piacere a voi in primis. Lo ricontrollerete fra tanto tempo, in modo da trovare quegli errori che ora non vedete, e solo allora farete una correzione.
Quindi, la lezione di oggi è questa: se sapete di essere troppo superficiali quando scrivete, abbondate. E quando correggete, la parola d'ordine è la totale e cruda sincerità. Voi sapete già tutto ciò che dovete sapere per capire se il vostro libro sarà o meno un buon lavoro, senza che ci sia la necessità di chiedere ad altri. Questo può aiutare, certo, ma per ora impegnatevi da soli, fate un'analisi schietta di voi stessi, e allora, solo allora, migliorerete.

Infine, qualche cifra per farvi meglio orientare: un libro comincia ad essere tale tra le 150 e le 200 pagine. Medio tra le 200 e le 400. Da qui in poi si può tranquillamente parlare di librone. Un capitolo, invece (e qui vi parlo di preferenze personali), dovrebbe essere di almeno una decina di pagine. Nella prossima lezione, i consigli per l'impaginazione!

3 commenti:

  1. Direi che arrivare a 200 pagine è facile scrivendo in times new roman 18 con interlinea doppia su fogli A5 ;-)
    Sarebbe meglio parlare di battute, non di pagine :-)
    Detto questo, aggiungerei che il ritmo è dato anche dalla punteggiatura: una parte ricca d'azione ma piena di virgole è decisamente troppo lenta, e così vale per il contrario. E ogni tanto va bene anche divagare: serve a sganciare il lettore dal filo del discorso e confondergli le idee, magari portandolo fuori strada sulla trama, stupendolo poi con effetti speciali ;-)

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  2. Entrambe constatazioni giuste, certo. Ma a entrambe avrei risposto nei prossimi post. Quando parli delle pagine, ad esempio, hai perfettamente ragione, ed è per questo che in fondo ho aggiunto che a breve sarebbe seguita una lezione sull'impaginazione: proprio per specificare "quanto" si deve scrivere, poiché questo articolo riguardava solamente il ritmo in generale. Lo stesso leggasi per la punteggiatura: verrà dedicata una lezione =)

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