giovedì 19 gennaio 2012

Le papere di Bath

Sicuramente è capitato a tutti... di vedere le papere di Bath, intendo? O di essere una papera di Bath? No, no, per carità... volevo dire, sicuramente vi è capitato, almeno una volta nella vita, di trovarvi in uno stato di limitatissime capacità intellettive, oserei dire in stato vegetativo; e, proprio in quel momento, di sentire le porte del vostro cervello aprirsi, illuminando e rinfrescando mente e animo della risoluzione a tutti i vostri problemi. E sicuramente vi sarete sentiti degli emeriti imbecilli: come aveva fatto una soluzione tanto semplice a sfuggirvi per così tanto tempo? E, soprattutto, come ha fatto a venirvi in mente proprio in un momento di tale degrado cerebrale? Evidentemente l'unico neurone che lavorava, lavorava bene. Almeno lui.
Ebbene, questo mi è capitato due anni fa, a Bath, appunto, ridente cittadina inglese, a poche centinaia di chilometri da Londra. Intendiamoci, mi era capitato altre volte; ma mai in maniera così improvvisa, e mai in una situazione così... non saprei come altro definirla, se non assurda.
Ebbene, dicevo, mi trovavo in Bath. Luglio. Giornata soleggiata, stranamente, anche se tirava una brezza un po' troppo eccessiva, fastidiosa... più o meno della temperatura da cui si viene investiti quando si apre il frigorifero. A Luglio. Già. Ma almeno non pioveva.
Me ne stavo tranquillamente seduta su una panchina, di fronte al laghetto, quello al centro dell'enorme terreno posseduto dalla University of Bath. Ero con due mie amiche, si era appena finito di discorrere di letteratura, filosofia, scrittura. Almeno una decina di minuti prima, però, il discorso era deviato in tutt'altro, facendosi anche decisamente meno acculturato. E, parlando, guardavo le papere nel laghetto.
Un momento di silenzio. Cervello in panne. Le palle degli occhi seguivano ancora le papere, sì, ma giusto per inerzia, senza un reale controllo. E in quel momento, BANG. E' stato come se mi avessero infilato il cervello in quell'istante, premendo il tasto "on". Tutto è apparso così, all'improvviso: il finale e il titolo del mio libro. Cose a cui pensavo da mesi, se non anni. Ed era tutto così mortalmente semplice che la prima cosa che mi sono chiesta è stata appunto: "ma come accidenti ho fatto a non pensarci prima?"
Sì, proprio come in quei film Americani in cui il protagonista, invischiato in un problema di sicurezza nazionale/mondiale/universale,  verso i 3/4 della pellicola ha il grande colpo di genio, che poi risolverà tutto il problema.
L'unica differenza è che in quei film di solito è qualcun'altro che dà l'idea al protagonista. Magari un interlocutore che, per caso, pronuncia proprio la parola che serviva, sentendosi poi dire, apparentemente senza motivo, "sei un fottutissimo genio!" dal protagonista stesso; il quale parte di corsa a preparare chissà quale congegno salva-umanità, mentre lo sventurato interlocutore chiede spiegazioni, invano.
Io, invece, ho avuto l'ispirazione dell'ultimo minuto da delle papere, intente semplicemente a starnazzare e ad abbuffarsi senza pudore del pane buttatogli in acqua da qualche misericordiosa signora d'alta classe inglese.
Dopo un primo momento di inquietudine, in cui ero semplicemente intenta a chiedermi cosa avessero quelle papere di così magico, ovviamente mi sono messa a scrivere su tutto ciò che mi capitava a tiro, persino i palmi delle mani. E tutto così velocemente, nella paura di avere un improvviso colpo di amnesia che mi portasse via l'idea, così come era venuta, da mandare quasi in cancrena le dita, e da farmi riaffiorare il callo del liceale, ormai assopito da quasi due mesi, in meno di 5 minuti.
Quanto ho ringraziato quelle papere! Avrei voluto raccoglierle tutte, grandi e piccine, metterle in valigia e portarle a casa. Tutto ciò che mi ha fermato, ve lo giuro, è stato il pensiero che si sarebbero trovate male da me, non conoscendo la lingua Italiana ed essendo io poco in vena di preparare il tè tutte le sere.

Ecco dimostrato, quindi, come l'ispirazione segua strade all'uomo del tutto sconosciute e imprevedibili. E come anche le papere, nel loro piccolo, siano esseri incredibilmente utili.

Nessun commento:

Posta un commento