venerdì 31 maggio 2013

Riflettendo - La Drammaticità

Non mi era mai capitato di piangere leggendo, o guardando un film. E molti di voi ormai mi conoscono abbastanza da capire il perché: non sono mai stata una persona incline alle lacrime. Certo, mi sono emozionata in molte occasioni, ma i sintomi fisici non sono mai andati oltre la stretta allo stomaco. Diciamo che, all'esterno, sono sempre rimasta piuttosto stoica. Anche guardando film come Patch Adams, o leggendo libri come Io sono leggenda, Lettera ad un bambino mai nato et similia.
Soprattutto, non mi sono mai, mai, mai commossa al cospetto di quei film o libri eccessivamente drammatici. Anzi, quelli avevano l'effetto opposto di rendermi ancor più di pietra. Ad esempio, una volta alla televisione davano un film in cui morivano consecutivamente la figlia 1, il padre, la figlia 2, la moglie di crepacuore, la nonna, e alla fine il cane. Ecco, quella volta non provai assolutamente niente di simile alla tristezza. Provai più che altro RABBIA, perché mi dicevo che un regista che dovesse inserire così tanti eventi sfortunati in un solo film doveva per forza essere incapace di una VERA scena drammatica. Era l'unica: dato che non sapeva far commuovere con la poesia, faceva crepare tutti i personaggi nel tentativo di vincere sul telespettatore con la quantità, più che la qualità.
Quindi, già allora avevo capito che le cose che mi emozionavano di più erano quelle poeticamente drammatiche, non assurde, non esagerate, ma pensate. In Io sono leggenda, ad esempio, ci sono tante scene di bambini morti e putrefatti, ma non erano mai quelle a darmi fastidio. Erano le scene, invece, meno macabre ma più significative: quando, ad esempio, la moglie del protagonista viene presa da quella malattia che dilaga durante la trama del libro, muore, il protagonista la seppellisce e il giorno dopo se la ritrova in soggiorno, che cammina storta e senza più cervello, intenzionata a divorarlo vivo.
Ecco, quella non era una scena così disgustosa: la moglie non era particolarmente brutta da vedere. Niente sangue, niente budella sparse per il pavimento... c'era però la consapevolezza che lo spirito di lei era morto, e che il suo involucro esterno voleva fare polpette di suo marito. E così il protagonista era costretto a ucciderla. Di nuovo.
In sintesi, era questo il genere di cose che mi faceva, tra virgolette, "star male". In Hachico, di nuovo ad esempio, non stavo male per Richard Geere che moriva, ma per il cane nel resto del film. Mi sono spiegata?
Ecco, nonostante questo non avevo mai davvero pianto per un libro o un film. Ammetto che "invecchiando" i miei sentimenti vanno più a briglia sciolta, ma davvero, non credo di aver mai trovato davvero una storia che avesse le carte in regola per farmi piangere. A dirla tutta, speravo che arrivasse, perché mi sentivo un po' un mostro. Ma ero anche abbastanza sicura che non esistesse tale storia. Sono sopravvissuta a tanto, non riuscivo a immaginare qualcosa di meglio riuscito, sul piano drammatico, di quello che ho già citato.
E, invece, oggi devo ricredermi. Devo ricredermi un po' su tutto: il fatto che non esistesse la storia adatta a farmi cedere, e anche il fatto che io fossi un mostro. Già perché oggi, 31 Maggio 2013, ho pianto leggendo, e precisamente leggendo il finale de Il Miglio Verde.
Ora, per quelli di voi che l'hanno letto, potete capire perché: è una storia molto drammatica. Ma comunque non mi aspettavo di commuovermi, perché già avevo visto il film, e quindi già sapevo come sarebbe andata a finire la vicenda. Eppure, siete padroni di non crederci, era scritto così bene, trasudava tanta di quella drammatica poeticità, che proprio non ce l'ho fatta. E, anche qui, non ho pianto per Del che muore atrocemente, o per Coffey condannato alla sedia elettrica ingiustamente. Ho pianto, invece, per frasi abbastanza innocenti, rispetto ad altre parti del libro (solo chi l'ha letto le capirà, anche perché non voglio fare spoilers). Frasi come: "le ha uccise col loro amore" o "ma certe volte, oddio, il Miglio Verde è  così lungo".
Ora, ovviamente questo articolo non vuole essere una recensione al libro, ma uno spunto di riflessione, perché finalmente ho capito: io ho avuto modo di giungerne a capo con questa storia, ad altri può essere capitato diversamente, ma secondo me la drammaticità non è data dal macabro, dalla sfortuna, dagli eventi tragici. E' data invece molto di più dai ricordi, dalla rassegnazione, dal tempo che passa, dall'immutabilità degli umani istinti, dalla felicità che nonostante tutto a volte continua a farsi sentire. Dalla maestria di uno scrittore che riesce a trafiggerti lo stomaco con i sentimenti dei tuoi personaggi.
E' stato pressappoco questo che ho pensato appena ho finito il libro. E, dopo aver asciugato le lacrime (erano pur sempre poche, un cuore di pietra non può sciogliersi nel giro di sole 500 pagine), mi sono sentita più che mai arrabbiata verso quelli che credono di scrivere un libro drammatico e invece mettono in ordine cronologico un'accozzaglia di eventi improbabili e oltremodo sventurati. Quelli che OSTENTANO il tragico.
A queste persone, quindi, mi sento di dire: fatevi un'analisi di coscienza. Non è l'uccidere tutto il cast che fa commuovere un pubblico con un minimo di cervello. E' quello che ci sta dietro che conta.


9 commenti:

  1. E che ne dici se...per fare un esempio banale...ci sono due personaggi che si conoscono e finiscono per amarsi fino a divenire inseparabili, poi da quella relazione nascono speranze, promesse, progetti futuri e cose molto più profonde, e alla fine una della due persone muore per difendere l'altra. Immaginati il momento del sacrificio come un momento significativo, contenente anche ultime parole come di riflessione dirette alla seconda persona. Cosa ti rattrista di più: il momento in cui la morte separa queste due persone, o quel che viene dopo, cioè giorni e giorni di vuoto nell'animo della persona rimasta in vita, con tutti i sogni, speranze e promesse d'un tratto infrante?

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  2. Comunque. Io sono dell'opinione che la drammaticità di un evento è segnata dal significato che porta con sè. Uccidere un personaggio in modo raccapricciante non renderà la scena drammatica ma solo più macabra. La morte di un personaggio in maniera più "normale" può essere molto più drammatica se nasconde in sè un significato...una morale o se ci costringe a riflettere in seguito. Ma non deve essere per forza una morte: può essere una semplice decisione, una frase o un gesto, ma che nasconda in sè un messaggio significativo.

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    1. Per rispondere al primo messaggio, mi rattrista quello che viene dopo. In realtà a tutti rattrista quello... perché se dalla morte si potesse tornare allora non ci sarebbe più niente di drammatico, nemmeno la morte stessa. Quello che rattrista della morte è proprio il fatto che dopo quel momento non potrai mai più rivedere quella persona.
      Per il resto siamo d'accordo!

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  3. Sono d'accordo, il che non significa però che il momento della morte di un personaggio non possa essere di per sè commovente o rattristante. (ovviamente non in tutti i casi, ma solo in alcuni, se la morte è descritta nella maniera giusta...in maniera....toccante, no?)

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    1. No no, infatti il momento tragico può essere tragico in sé! Ma solo se prima e dopo c'è un bel lavoro di caratterizzazione dei personaggi. Quando in un film muore una comparsa a nessuno importa... quando muore il protagonista è un'altra storia.
      Infatti in quel film che ho visto, quello eccessivamente tragico, i personaggi erano spessi come i cartonati del supermercato, e il regista incapace cercava di dare un po' di emozione uccidendoli tutti insieme. Non riuscendoci, ovviamente.

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  4. Sono identica a te, davvero. Mai pianto. Mi si attorcigliava lo stomaco, stavo male per tutta la sera, ma mai pianto. Mi hanno uccisa La vita è bella, Il Grande Gatsby, Venuto al mondo, Hachiko, Titanic ed altri, sì, ma non ho mai pianto. Spero di trovare anch'io qualcosa che mi sciolga come è successo a te! ahah

    P.S.: Ho trovato il tuo blog ieri e ho letto TUTTI i post, sei fantastica, ti adoro! *-*

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    1. Oh, grazie mille! Per il commento e per la tua maratona nella lettura dei miei articoli! Davvero, grazie infinite, non credo di meritalo!

      Si, anche io ho visto i film che hai citato, tranne purtroppo il grande gatsby, e di nuovo i miei sintomi erano identici ai tuoi. Oh, ma quel libro... davvero non mi aspettavo proprio di crollare xD (perdona eventuali errori, la tastiera touch è insidiosa)

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    2. Lo meriti, fidati u.u Ah, Gatsby.. Vedilo, ti prego, è meraviglioso *w*

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    3. Si si, era già nella lista di film da vedete al cinema, ma l'ho perso... rimediero' il prima possibile! XD

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