lunedì 22 luglio 2013

Video - Recensione "I Cacciatori del Tempo

Finalmente un nuovo video, gente! Recensione di un Fantasy di dubbia natura scritto da Vanna de Angelis e pubblicato, pensate un po', dalla Piemme. Mi scuso fin d'ora per la mia bruttura ma non mi ero presa la briga di abbellirmi. Concentratevi sui contenuti! xD



sabato 20 luglio 2013

Riflettendo - L'editoria a pagamento

Salve belli!
Oggi iniziamo con una carrellata di considerazioni a proposito dei sistemi editoriali di cui noi sfortunatissimi esordienti ci possiamo avvalere. Si parte da quella che odio di più: l'editoria a pagamento.
Innanzitutto, sfatiamo qualche lecito dubbio: quando si parla di editoria a pagamento non si parla del pubblicare da soli, andando in copisteria e facendosi stampare qualche centinaio di copie... no, si parla di vere e proprie case editrici, che prendono in visione i nostri lavori, li giudicano, e in caso di esito positivo (e quasi sempre c'è un esito positivo, dato che sono gli autori a pagare) vengono sottoposti ad un "buon" editing, pubblicati e anche distribuiti.
Sì, ok, questo è quello che promettono loro. La realtà è qualcosa di ben differente.
Innanzitutto, partiamo dal ragionamento più ovvio: perché pagare? Per avere un servizio, dicono alcuni. SBAGLIATO! Non sono LORO che danno un servizio a NOI, è l'esatto opposto! Siamo noi scrittori a fare il lavoro sporco, noi scrittori a impegnarci, a volte per anni, solo per sfornare qualcosa di decente. Perciò siamo noi che abbiamo lavorato, e noi che diamo da vivere alle case editrici! Una casa editrice seria non chiede soldi per fare il lavoro che compete a lei. Lo scrittore fa lo scrittore, l'editore fa l'editore. Troppo facile dire che lo scrittore fa lo scrittore, poi paga e fa anche l'editore... Quindi fate attenzione, scrittori in erba, diffidate tantissimo dalle case editrici a pagamento, perché vi chiedono soldi per fare qualcosa che non vi compete! E soprattutto perché tutto quello che fanno ve lo disegneranno come un favore, mentre in realtà il favore lo fate voi a loro, perché concedete la vostra opera, i vostri diritti, i vostri soldi, e infine buona parte delle percentuali sulle eventuali vendite! Sempre se di vendite ce ne saranno, perché una casa che riceve soldi dall'autore non è per niente incentivata a vendere, tanto i soldi li prende direttamente dalle vostre saccocce! Invece una casa editrice che non richiede nessun contributo si deve impegnare per non fallire, fare davvero del buon editing e della buona distribuzione!
In pratica quello del confondere ciò che compete l'editore e ciò che compete lo scrittore è come confondere chi "offre lavoro" da chi lo "acquista". Non è l'azienda a offrire lavoro al lavoratore, è il contrario! Il lavoratore offre il suo lavoro all'azienda, e l'azienda lo acquista. Lo stesso per gli editori: non sono loro che offrono lavoro, siamo NOI, e come tale LORO devono acquistarlo. Chiaro?
Quindi, abbiamo visto come questo sistema non solo sia profondamente ingiusto ma anche controproducente, come dicevo una casa editrice i cui introiti provengono direttamente dai propri autori non è per nulla incentivata a fare un buon lavoro. Ma ora vorrei farvi aprire gli occhi anche a proposito degli imbrogli che le case editrici a pagamento intessono.
Le suddette, infatti, SANNO di essere delle ladre, e come è ovvio tentano in tutti i modi di nasconderlo. Nei propri siti non sono quasi mai chiari a proposito del loro lavoro, fanno solo promesse e non si soffermano sui tipi di contratto che vorranno davvero offrire, imbrigliando quelli che capitano nella loro rete. A me questo è capitato di recente con la casa editrice Kimerik. Un sito per la maggior parte incomprensibile, e se andate a vedere la loro presentazione non troverete mai, nemmeno per sbaglio, le parole "contributi", "pagamento", "copie dell'autore"... e invece, cari, questa casa editrice è proprio a pagamento. Non solo: se per caso chiedete informazioni via email con il modulo da loro disposto, non riceverete nessuna informazione aggiuntiva in merito. E sono pronta a scommettere che anche via telefonica ci saranno operatori molto in gamba a rigirare la frittata.
Infine, poi, ci sono quelle case editrici a pagamento che ammettono di essere a pagamento, ma lo dicono con un tono talmente vittimista da farti quasi credere nella loro onestà. Frasi tipo: "Richiediamo un piccolissimo contributo all'autore per permetterci di svolgere al meglio il nostro lavoro" o, ancora peggio "All'autore, in cambio del nostro fantasmagorico servizio, chiediamo solamente l'acquisto di un ristrettissimo numero di copie".
Insomma, questo dovrebbe farvi capire quanto siano false certe case editrici. Voler nascondere o voler passare per "falsi buoni" è il tipico atteggiamento di chi sa bene di stare facendo qualcosa di moralmente aberrante. Tanto più che, ovviamente, le maggiori case editrici sono appunto senza contributi. Sarà solo un caso?
Per cui, autori, DIFFIDATE! Anche se siete disperati non lasciatevi mai, mai, MAI irretire da questi, non posso definirli in altro modo, strozzini.

mercoledì 17 luglio 2013

Lezione 31 - Il blocco dello scrittore

Salve marmaglia!
Finalmente dopo tanto tempo di assenza torno a farmi vedere. Perché sono mancata tanto, dite? Beh, la sessione estiva di esami ha la gran parte della colpa. Inoltre, purtroppo, in questo periodo non brillo né in salute fisica né in idee per nuovi articoli... tutto questo mescolato assieme, con l'aggiunta di un pizzico di sale e pepe a piacere, vi dà il quadro generale della mia situazione.
Ora però arrivano le buone notizie: domani darò finalmente l'ultimo esame dell'anno e in più, che ci crediate o no, ho anche intenzione di riprendere a filmare video, accantonando la mia mania per la perfezione (ho fatto qualche ripresa il mese passato ma non mi piacevo e ho cestinato tutto... errore imperdonabile!). Per cui... state in campana che dalla prossima settimana ho intenzione di SOMMERGERVI di roba!


Ora però iniziamo la lezione di oggi. Come ho detto, ultimamente ho pochissime idee, per cui l'argomento mi è stato misericordiosamente suggerito da un web-amico.
Parliamo di blocco dello scrittore, infatti, infima e alquanto spiacevole situazione in qui tutti alla fine veniamo a trovarci, prima o poi (anche se si spera nel "poi"). In cosa consiste esattamente? Beh, io mi sono presa la libertà di stilarne alcune categorie:


  • Blocco Cerebrale: non ci sono più idee ma si ha voglia di scrivere (pressapoco quello che sto passando io ora col blog). Per cui si ricerca spasmodicamente qualcosa da fare... e non la si trova.
  • Blocco Tecnico: ci sono le idee ma non c'è la voglia di scrivere. Per cui si pensa, si annota, si pensa ancora, e alla fine non si conclude un fico.
  • Blocco Generale: il peggiore, non si hanno idee e anche se si avessero non si avrebbe voglia di metterle per iscritto. Generalmente i blocchi generali sono conseguenti ad un periodo di stress o anche solo di produzione intensa.  
  • Blocco Critico: ci sono sia le idee che la voglia di scrivere, ma quando si inizia ci si accorge che tutto quello che si fa è veramente orrendo.
  • Blocco della Novità: si sta scrivendo qualcosa da molto tempo e non si ha più voglia di procedere su quella storia, e l'unica cosa che si desidera è passare ad altro, un'altra avventura, un'altra trama.
  • Blocco del Capitolo: avete idee, avete voglia di scrivere, ma non avete voglia di scrivere QUEL preciso pezzo che dovete scrivere, per seguire l'ordine cronologico della trama, mentre morireste dalla voglia di saltare e passare direttamente al capitolo successivo.


Ecco, personalmente le ho testate TUTTE, dalla prima all'ultima, eppure sono ancora qui, quindi vuol dire che in qualche modo se ne esce sempre. Ora però rimane da capire come.
Beh, non voglio mentirvi, il tempo è il rimedio principale. Spesso la sensazione di blocco, qualunque essa sia, è passeggera, transitoria. Può durare giorni, settimane, MESI (sì, anche questo mi è capitato), ma posso giurarvi che alla fine la voglia di fare torna sempre. Però ci sono anche piccoli accorgimenti da adottare... 
Ad esempio, se avete un Blocco Cerebrale, semplicemente, leggete, osservate, guardate film. Smettete di sforzarvi sulla scrittura, abbandonatela per quel tanto che serve, e attendete pazientemente che arrivi un'idea; l'unica cosa che dovete fare è aiutare questa idea a sorgere leggendo quello che hanno scritto altri autori, o come dicevo vedendo film... lasciate che i vostri colleghi vi aiutino ad allenare un cervello momentaneamente paralizzato!
Se il vostro è un Blocco Tecnico, non mollate assolutamente le vostre idee! Annotatele, pensatele, modificatele nella vostra mente, create in modo astratto. Non cimentatevi nella scrittura vera e propria se non ne avete voglia: ne uscirebbe solo una sfilza di ovvietà. Però non permettete mai alle idee di essere dimenticate! Quando tornerà la voglia di scrivere potrete dedicarvi a loro.
Se avete un Blocco Generale, unite i due consigli soprastanti.
Se avete un Blocco Critico, cercate qualcuno che legga ciò che scrivete e del cui giudizio vi fidate che vi faccia capire se ciò che scrivete è davvero da buttare o se siete voi a essere troppo severi con voi stessi. Vi stupireste di sapere quante volte si tratta di questa seconda ipotesi...
Se siete alle prese con un Blocco della Novità, NON ABBANDONATE QUELLO CHE STATE FACENDO PER QUALCOS'ALTRO!!! E' di vitale importanza. Come consiglio spesso, è sempre meglio concentrarsi su un solo lavoro alla volta. Per cui, se avete altre idee, annotatele ma non cercate di prenderle in mano. Sono particolarmente severa su questo punto, perché mi sono sempre imposta di seguirlo, e invece proprio qualche mese fa ho abbandonato un progetto per un altro, credendo che l'originale fosse del tutto da buttare, e ora invece mi è tornata voglia proprio dell'originale... ora mi trovo con due libri scritti a metà. Ed è la cosa più odiosa che possa accadere.
Infine, se avete un Blocco del Capitolo, semplicemente, provate a superare lo scoglio o in alternativa fermatevi del tutto. Non è bene andare a scrivere pezzi che vi piacciono di più ma che si trovano più avanti con la trama, altrimenti poi vi ritroverete in mano con molti stralci da unire l'uno con l'altro, e riuscirci è quasi sempre impossibile, perché insomma vi saranno rimaste le parti "noiose" e di transizione alla fine, tutte in una volta.
Questi erano, in breve, i miei piccolissimi e personalissimi consigli. Ma ne ho un altro, più generale, per cercare di farvi uscire dal baratro: semplicemente aprite il vostro editor di testo e iniziate a scrivere. Sembra banale e anche impossibile da fare, quando non si ha voglia. Ma posso garantire per esperienza che, spesso, semplicemente sforzandosi per le prime righe poi si riesce a prendere il ritmo e a continuare la storia. Certo, forse il blocco vi rimarrà ancora per qualche settimana, nel senso che per qualche settimana ancora non avrete voglia di fare alcunché, ma se per caso quest'ultimo metodo vi riesce, potrete continuare la storia e non rimanere bloccati.
Arte vi saluta e come al solito spera di esservi stata d'aiuto. Infine, vi augura una buona e felice esistenza fino al prossimo articolo! Bye bye!

venerdì 7 giugno 2013

Riflettendo - il libro è sempre meglio del film?

Giorni fa ho visto una vignetta umoristica che riportava da una parte un enorme panino hamburger, ripieno di almeno 20 strati tra carne, verdura, pane e salse. Sotto c'era scritto "LIBRO". Dall'altra parte invece stava un panino smorto, con solo il pane e forse una fetta di carne. E sotto c'era scritto "FILM".
Sicuramente moltissimi di voi la pensano così. Però calma, ragazzi, andiamoci piano.
Personalmente sono una sfrenata lettrice, come anche voialtri, ma ho una particolarità: amo il cinema quanto la lettura. Per cui ogni volta che mi sento dire: "eh, ma non vale la pena di guardare il film, sicuramente è più brutto del libro", mi dico stop, ferma, ALT! Andiamoci piano, riflettiamo.
E' vero, un libro sarà sempre, sempre, sempre più completo di un film. Su questo non ci piove: un libro gode di spazio e tempo praticamente illimitati, quindi si ha modo di inserire potenzialmente molti particolari. Tant'è vero che, spesso, i lettori amano i libri lunghi. O, in ogni caso, un libro molto lungo non viene scartato a priori dal lettore. Perché può centellinarlo, può goderselo e interromperlo ogni volta che vuole.
Quindi, punto primo, ricordiamoci che un film non è così! Un film ha delle scadenze precise. Un film standard dura circa 90 minuti. I più lunghi che io abbia mai visto non superano le 3 ore, quindi i 180 minuti. Pensate che sia facile condensare un intero libro in un tempo così breve? Certo, ci sono anche le saghe... ma ricordatvi che è sempre molto rischioso imbarcarsi in una saga, perché se il primo film non ha successo ti ritrovi con mezza trama mai conclusa e un'idea buttata nel cesso.
Pertanto, non sono molti quelli che possono permettersi di pensare delle saghe. Rimaniamo quindi ancorati ai film "normali", quelli unici. In questo caso, un regista deve tenere conto del fatto che chi va al cinema deve vedere tutto il film in una volta, non può interromperlo quando è stanco, come farebbe con un libro. Di conseguenza, non solo lo spettatore deve resistere per tutta la durata del film, non solo non deve annoiarsi, ma deve anche gradire quello che vede! Altrimenti il film sarà un flop.
Per fare questo serve la capacità di sintesi (a proposito della Lezione 30). Quindi sì, anzi, PER FORZA alcune cose devono essere scartate. E un bravo regista è anche quello che sa scegliere cosa scartare. Perché ci sono cose secondarie, che possono essere tralasciate, e altre che non possono non apparire nella pellicola. Questo presuppone una grande conoscenza della storia che si sta trasponendo e, come ho detto, una gran capacità di sintesi.
Per non parlare, poi, di tutto ciò a cui poi bisogna pensare: bisogna trovare attori adatti, che sappiano interpretare bene il ruolo e che corrispondano ai requisiti fisici di base. Bisogna sceneggiare il tutto, scrivere le battute da zero, cercando di incorporarle con quelle del libro, ma allo stesso tempo rendendole più appetibili per gli spettatori (le battute devono essere più veloci di quelli dei libri, si riducono quasi all'essenziale e sono OFF LIMITS le lunghe scene di discorso che possono trovarsi in un libro).
Poi, sorvolando sulle conoscenze tecniche che bisogna acquisire, bisogna anche avere talento e attitudine al comando. Bisogna avere un sacco di fantasia perché, soprattutto con i mezzi di oggi, spesso le azioni si svolgono in studio con sfondo verde. E non tralasciamo mai anche il fatto che bisogna avere SOLDI. E' vero, pubblicare un libro è difficile, ma è una tua avventura, non si coinvolge quasi nessun altro nella scrittura di un libro. Bastano un cervello e un pc, poi un po' di fortuna per pubblicare. Per un film? Ve lo siete mai chiesti? I film costano così tanto che i registi non possono pagarli di tasca propria, nemmeno se fossero milionari (sempre con riferimento ad un film quantomeno decente). Quindi, tu, regista in erba, se non trovi uno straccio di produttore non solo non distribuisci nulla (come accadrebbe con un libro), ma non INIZI nulla!
Poi ovviamente viene la questione impegno. Certo, scrivere un libro è più lungo, ma, ripeto, quando si scrive si è soli. E quando si è soli si fa davvero per tre: nessun altro da coordinare, nessuno che ti dica che la data di uscita è prossima (tranne che per gli autori di bestseller). La realtà è che essenzialmente puoi scrivere quando e come ti pare.
Un regista? Appurato che se sta filmando qualcosa, ha sicuramente delle scadenze da rispettare... credete sia facile filmare un'ora e mezza (minimo) di scene? Montarle, tagliarle, aggiungere gli effetti speciali, la colonna sonora, e chi più ne ha più ne metta? In un mese o poco più?
Infine, per tagliare la testa al toro, vi siete mai accorti delle cose in più che un film offre rispetto a un libro? ve le elenco:


  • E' breve, per cui è un ottimo modo per passarsi il tempo senza prendere impegni a lungo termine
  • E' VISIVO. Per quanta fantasia possiamo avere, fa sempre piacere anche vedere i personaggi che amiamo di più
  • Ha una colonna sonora! Cosa che molti ignorano. Quasi nessuno si accorge della musica che ascolta in sottofondo... ma provate a guardare un film SENZA colonna sonora e vi accorgerete di quel che dico: inconsciamente, la musica aggiunge quel non so che a un film bello rendendolo eccezionale.
  • Può dare una miriade di emozioni, a volte in più rispetto ad un libro. Perché è più suggestivo e coinvolge i sensi oltre che la fantasia
  • E' meno impegnativo, e questo è un male per uno che non sa leggere nemmeno l'articolo di un quotidiano, ma per un lettore che invece vuole rivivere una storia che gli è piaciuta senza faticare troppo, non è per niente sbagliato!


Concludendo, quindi, secondo me esistono i pro e i contro per ogni cosa. Non bisogna bersagliare un film solo perché non corrisponde all'idea che ci eravamo fatti del libro. Perché un film sarà sempre meno completo di un libro, ma non per questo deve per forza essere meno bello! Quando si va al cinema bisognerebbe partire con questa impostazione mentale: il film non riporterà tutto quello che ho letto. Anzi, il regista può darsi abbia dato la priorità a scene che forse per me non erano così importanti.
Pertanto, lettori, non minimizzate subito il lavoro dei registi! Prima guardate il film, e soprattutto provate a giudicarlo oggettivamente, non secondo il vostro gusto personale, e soprattutto non aspettandovi di vedere il libro intero trasposto, altrimenti dovreste starci una settimana, nel cinema!

Chiudo con un ultimo pensiero: molti credono sia meglio leggere prima il libro e poi vedere il film. Ma secondo me, per giudicare entrambi con oggettività, è un procedimento del tutto sbagliato. Perché se si legge prima il libro, è ovvio che poi ci si troverà davanti ad un film meno completo del libro e si avrà più probabilità di rimanere delusi. Non solo: ma le scene d'azione o i colpi di scena sono MOLTO più suggestivi in un film (ripeto, se fatto bene), quindi conoscerli già dalla lettura del libro vi rovinerà l'effetto sorpresa.
Io, personalmente, preferisco fare il contrario, almeno per le storie che mi interessano di più (metodo utilizzato, ad esempio, per l'ultimo capitolo di Harry Potter): guardare il film, giudicarlo come se fosse SOLO un film. E POI leggere il libro, particolareggiando la trama. In questo modo giudicherete il film senza pregiudizi, e inoltre, se il film vi è piaciuto, il libro siete sicuri che non potrà deludervi, perché come ho detto sicuramente sarà più completo.
Metodo da amante del cinema, ovviamente, quindi potete scegliere benissimo di non adottarlo. Ma vi assicuro che se provaste a fare così gradireste molto di più i film tratti da libri!
In ogni caso comunque ricordiamoci che scrittura e cinematografia sono due forme d'arte parimenti interessanti, ma DIVERSE e paragonarle non dico che è sbagliato, ma è in ogni caso abbastanza illogico.
Sostanzialmente bisognerebbe giudicare il film a parte, distaccati dal libro; e bisognerebbe ricordarsi che un film è e rimane un'opera interpretativa del REGISTA, non dello SCRITTORE, al quale continua ad appartenere solo il libro. Per cui non bisogna giudicare un film di Tizio prendendo come metro di misura la capacità narrativa di Caio. Mi sono spiegata?


ps: dimenticavo di ricordarvi che, tra l'altro, esistono film basati su un libro, e film tratti liberamente da un altro libro. E non è la stessa cosa! I secondi in pratica sono come una fanfiction, si prendono la libertà di riscrivere la trama principale (Io, Robot o Io sono leggenda, i primi esempi che mi sono venuti in mente). Quindi, se siete di quelli che odiano le trame rimodernate o "storpiate", informatevi prima! E, ve lo chiedo col cuore, non infamate un regista che può in ogni caso aver fatto un ottimo lavoro, solo perché non avete visto ciò che vi aspettavate. Grazie!

venerdì 31 maggio 2013

Riflettendo - La Drammaticità

Non mi era mai capitato di piangere leggendo, o guardando un film. E molti di voi ormai mi conoscono abbastanza da capire il perché: non sono mai stata una persona incline alle lacrime. Certo, mi sono emozionata in molte occasioni, ma i sintomi fisici non sono mai andati oltre la stretta allo stomaco. Diciamo che, all'esterno, sono sempre rimasta piuttosto stoica. Anche guardando film come Patch Adams, o leggendo libri come Io sono leggenda, Lettera ad un bambino mai nato et similia.
Soprattutto, non mi sono mai, mai, mai commossa al cospetto di quei film o libri eccessivamente drammatici. Anzi, quelli avevano l'effetto opposto di rendermi ancor più di pietra. Ad esempio, una volta alla televisione davano un film in cui morivano consecutivamente la figlia 1, il padre, la figlia 2, la moglie di crepacuore, la nonna, e alla fine il cane. Ecco, quella volta non provai assolutamente niente di simile alla tristezza. Provai più che altro RABBIA, perché mi dicevo che un regista che dovesse inserire così tanti eventi sfortunati in un solo film doveva per forza essere incapace di una VERA scena drammatica. Era l'unica: dato che non sapeva far commuovere con la poesia, faceva crepare tutti i personaggi nel tentativo di vincere sul telespettatore con la quantità, più che la qualità.
Quindi, già allora avevo capito che le cose che mi emozionavano di più erano quelle poeticamente drammatiche, non assurde, non esagerate, ma pensate. In Io sono leggenda, ad esempio, ci sono tante scene di bambini morti e putrefatti, ma non erano mai quelle a darmi fastidio. Erano le scene, invece, meno macabre ma più significative: quando, ad esempio, la moglie del protagonista viene presa da quella malattia che dilaga durante la trama del libro, muore, il protagonista la seppellisce e il giorno dopo se la ritrova in soggiorno, che cammina storta e senza più cervello, intenzionata a divorarlo vivo.
Ecco, quella non era una scena così disgustosa: la moglie non era particolarmente brutta da vedere. Niente sangue, niente budella sparse per il pavimento... c'era però la consapevolezza che lo spirito di lei era morto, e che il suo involucro esterno voleva fare polpette di suo marito. E così il protagonista era costretto a ucciderla. Di nuovo.
In sintesi, era questo il genere di cose che mi faceva, tra virgolette, "star male". In Hachico, di nuovo ad esempio, non stavo male per Richard Geere che moriva, ma per il cane nel resto del film. Mi sono spiegata?
Ecco, nonostante questo non avevo mai davvero pianto per un libro o un film. Ammetto che "invecchiando" i miei sentimenti vanno più a briglia sciolta, ma davvero, non credo di aver mai trovato davvero una storia che avesse le carte in regola per farmi piangere. A dirla tutta, speravo che arrivasse, perché mi sentivo un po' un mostro. Ma ero anche abbastanza sicura che non esistesse tale storia. Sono sopravvissuta a tanto, non riuscivo a immaginare qualcosa di meglio riuscito, sul piano drammatico, di quello che ho già citato.
E, invece, oggi devo ricredermi. Devo ricredermi un po' su tutto: il fatto che non esistesse la storia adatta a farmi cedere, e anche il fatto che io fossi un mostro. Già perché oggi, 31 Maggio 2013, ho pianto leggendo, e precisamente leggendo il finale de Il Miglio Verde.
Ora, per quelli di voi che l'hanno letto, potete capire perché: è una storia molto drammatica. Ma comunque non mi aspettavo di commuovermi, perché già avevo visto il film, e quindi già sapevo come sarebbe andata a finire la vicenda. Eppure, siete padroni di non crederci, era scritto così bene, trasudava tanta di quella drammatica poeticità, che proprio non ce l'ho fatta. E, anche qui, non ho pianto per Del che muore atrocemente, o per Coffey condannato alla sedia elettrica ingiustamente. Ho pianto, invece, per frasi abbastanza innocenti, rispetto ad altre parti del libro (solo chi l'ha letto le capirà, anche perché non voglio fare spoilers). Frasi come: "le ha uccise col loro amore" o "ma certe volte, oddio, il Miglio Verde è  così lungo".
Ora, ovviamente questo articolo non vuole essere una recensione al libro, ma uno spunto di riflessione, perché finalmente ho capito: io ho avuto modo di giungerne a capo con questa storia, ad altri può essere capitato diversamente, ma secondo me la drammaticità non è data dal macabro, dalla sfortuna, dagli eventi tragici. E' data invece molto di più dai ricordi, dalla rassegnazione, dal tempo che passa, dall'immutabilità degli umani istinti, dalla felicità che nonostante tutto a volte continua a farsi sentire. Dalla maestria di uno scrittore che riesce a trafiggerti lo stomaco con i sentimenti dei tuoi personaggi.
E' stato pressappoco questo che ho pensato appena ho finito il libro. E, dopo aver asciugato le lacrime (erano pur sempre poche, un cuore di pietra non può sciogliersi nel giro di sole 500 pagine), mi sono sentita più che mai arrabbiata verso quelli che credono di scrivere un libro drammatico e invece mettono in ordine cronologico un'accozzaglia di eventi improbabili e oltremodo sventurati. Quelli che OSTENTANO il tragico.
A queste persone, quindi, mi sento di dire: fatevi un'analisi di coscienza. Non è l'uccidere tutto il cast che fa commuovere un pubblico con un minimo di cervello. E' quello che ci sta dietro che conta.